Il Venerdì Santo dell’Umanità

Chiara Putaggio

Il Venerdì Santo dell’Umanità

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venerdì 10 Aprile 2020 - 07:30

Il Venerdì Santo è il giorno dedicato al corteo funebre di Gesù. In molte città storicamente in questo tristissimo giorno sfilano cortei con la teca contenente il simulacro del Cristo Morto. Una fiumana di fedeli affranti per la morte di Gesù, costellata da candele perpetue, si snoda lentissima per le strade e accompagna il feretro di Gesù, si stringe alla Madonna Addolorata che su di sé raccoglie tutto il dolore del mondo. In tempo di Coronavirus tutto questo è necessariamente vietato. Non ci si può riunire per le strade e soprattutto non si possono celebrare funerali, né tantomeno prendere parte ad alcun corteo funebre. Più volte, in queste lunghe settimane in cui tv e web-media sono stati i nostri unici contatti col mondo fuori casa, più volte abbiamo visto bare color ciliegio messe in fila, quasi ammassate. Bare piene di defunti che hanno lasciato questo mondo senza il conforto di un sacramento, senza alcuna funzione religiosa che abbia il sapore di un consolatorio addio da parte di chi resta, nei confronti di chi va via. Rimarranno nella memoria di tutti certamente le immagini delle centinaia di salme di Bergamo in fila in attesa della cremazione, ridotte rapidamente in cenere per ragione di salute pubblica. Centinaia di persone morte soffocate, annegate in letti d’ospedale, senza poter mai più rivedere i loro cari, senza il calore di uno sguardo familiare, senza il dono di un commiato. A chi resta rimarrà il ricordo di quel saluto preoccupato ad un’ambulanza che è stato l’ultimo tragitto di un viaggio senza ritorno, verso un deserto di famiglia e di amici, e accompagnato da angeli vestiti di verde o di bianco e col viso per buona parte coperto. Tutto ciò accade in luoghi dove una tragedia del genere, anche solo sei mesi fa, era assolutamente inimmaginabile.

Eppure più giù, nel sud del mondo, un copione simile è già avvenuto. A centinaia, forse migliaia si sono avventurati nel deserto nella speranza di salvarsi e una volta vista una possibile via d’uscita dalla guerra, dalla fame, dalla miseria, sono stati travolti da onde nere che li hanno soffocati, annegando con loro ogni progetto di vita. Alcuni sono rimasti sott’acqua, e sono diventati, in qualche modo, cenere. Altri sono stati composti nelle bare e messi in fila, spesso senza nome, in attesa di una sepoltura. Rimangono vivide nella memoria le immagini dei feretri color ciliegio dopo la strage di Lampedusa. Era il 3 ottobre 2013. E non posso non chiedermi che fine abbiano fatto i diritti umani. Partendo dal presupposto che siamo umani, sempre, anche dopo la morte. Il precedente Ministro dell’interno aveva chiuso i porti, ora sono chiuse anche le porte degli italiani. Un nemico invisibile, trasparente ai nostri occhi come l’acqua limpida, eppure letale, ha divorato tanti connazionali e molto di più. E allora sovviene la paura della sofferenza, la stessa che è resa visibile dal corpo martoriato del Cristo nelle sacre rappresentazioni e tutti sentiamo la finitezza dell’essere umano. Non rimane che attendere una Resurrezione che abbia il senso di un abbraccio, ora negato, nei confronti di ognuno, anzi, di tutti.

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