MammaAvventura: in vacanza e in gravidanza

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MammaAvventura: in vacanza e in gravidanza

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martedì 14 Gennaio 2020 - 07:30

Belle queste vacanze, rilassanti soprattutto. Per cominciare bene, mio marito ha avuto la febbre. Una temperatura che ha trovato la sua massima manifestazione in un misero 37,2 in una notte di un sabato dicembrino. 48 ore trascorse fra divano, letto e digiuno, mentre il malato, completamente avvolto in un piumone, pareva assumere le sembianze di un involtino primavera. 48 ore di sonno intervallate esclusivamente da lamenti, brividi di freddo, video chiamate con la mamma con varie richieste di soccorso, come fosse in punto di morte. Il tutto condito da ripetute ricerche su Vattelappesca.com con improbabili sintomi e ancora più improbabili diagnosi mediche, seguite da deliranti (quanto evidentemente inutili, per fortuna) pretese da parte del presunto paziente di ricovero in ospedale. E ovviamente, alla mia reazione divertita, tutto seguito da grande disappunto, poiché io “non avevo mai provato in vita mia quello che stava provando lui”. Archiviata e cestinata la parentesi della mini (quanto, secondo lui, preoccupante) influenza del marito, le vacanze continuano tra un incontro con Babbo Natale, recita scolastica della figlia quattrenne nel personaggio di lavandaia (con relativo vestito cucito a mano dalla nonna, perché se fosse stato per me poteva anche fare Gesù bambino senza vestitini), cucù con il morto e tombole con con il solito simpaticone che al primo numero estratto immancabilmente grida “ambo”. O ancora peggio, “umbo”. Nonostante non ci fosse alcun motivo particolare, tutti e venti giorni di vacanza ci hanno visto alzare dal letto alle otto del mattino. Un giorno per preparare i biscotti a Babbo Natale, il giorno seguente per controllare se fosse già arrivato a lasciare i regali, i giorni successivi per trovare spazio a sufficienza per tutti i giocattoli generosamente ricevuti dai Babbi Natali di amici e parenti, compresa una fantastica villa di Malibu di Barbie, con tanto di stalla e cavallo con criniera arcobaleno, ed un mega cesto di Lego, i cui mattoncini sono ancora sparsi tutti sotto il divano.
Le settimane successive, tra un matrimonio di Barbie sposa ed un parto di Barbie fasulla incinta (non a caso), passano velocemente, accompagnati da un fantastico ed ininterrotto sottofondo musicale provocato da un microfono rosa “sbrilluccicoso”, capace di collegarsi persino a YouTube e permettere, con tanto di eco e modifica della voce in un fastidiosissimo falsetto, i migliori concerti di Natale della figlia quattrenne. Regalo, apprezzatissimo, della zia madrina. Tra una cena e l’altra, ed un “panza e presenza”, le vacanze giungono quasi al termine. Quando il giorno di capodanno, ovviamente, a causa di forti dolori bassi, siamo costretti a recarci tutti al pronto soccorso: mamma, papà, figlia quattrenne, bebè in pancia. Nulla di preoccupante, se non che la bebè in pancia (di cui ancora sconosciamo il nome) sembrava volesse nascere. Con soli due mesi di anticipo. Allora, nuova cura di progesterone, perché questa figlia deve essere ancora più monella e vivace di quell’altra, evidentemente. E infatti, a conferma della mia teoria, proprio giunti all’ottavo mese, decide anche di girarsi e assumere la posizione esattamente contraria a quella utile per il parto. Quando si dice “mai una gioia”. Dunque, gli ultimi giorni di vacanza lì trascorriamo a cercare di far ritornare la bebè capricciosa nella sua naturale posizione cefalica. Fra improbabili posizioni yoga (abilmente seguite da me e dalla quattrenne che per solidarietà mi accompagna in questo strano percorso di convincimento e persuasione rivolto alla sorella minore), giochi di luce e di musica per tentare di farla girare, e tanti giri di parole, finalmente, dopo quattro giorni di tentativi, la bebe’ in pancia torna a testa in giù. Prima gioia del 2020, ci sono voluti dieci giorni, ma ce l’abbiamo fatta. Adesso ci tocca trattenerla ancora un po’ in pancia e frenare la sua voglia di venire al mondo, strillare come una scimmietta urlatrice e farmi perdere intere nottate di sonno. Nel frattempo, per non perdere del tutto l’abitudine, ci pensa l’altra a tenermi attiva, 24 ore su 24. Senza realmente prevedere alcun giorno di vacanza. E poi hanno il coraggio di dire “che fatica la vita da bomber”.

Michela Albertini

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