Slow Food Marsala contro Acqua.Sal: “Il futuro dello Stagnone non passa dall’itticoltura dopata con i fondi pubblici”

redazione

Slow Food Marsala contro Acqua.Sal: “Il futuro dello Stagnone non passa dall’itticoltura dopata con i fondi pubblici”

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venerdì 21 Giugno 2019 - 17:34

La condotta Slow Food di Marsala si dichiara contraria al progetto Acqua.Sal. Con una nota inviata agli organi di stampa, si evidenzia la vaghezza e l’approssimazione del progetto. “E’ talmente vago che ognuno lo può interpretare come meglio crede: per l’amministrazione comunale l’itticoltura all’interno dello Stagnone potrebbe portare posti di lavoro, per Legambiente si tratta in progetto da valutare tra cinque anni, al termine della sperimentazione, in termini di miglioramento ambientale, per il professore Andrea Santulli è un’occasione unica per sperimentare sulla produzione di microalghe no-food per la cosmesi e la nutraceutica, per il Dipartimento Regionale della Pesca un modo per far rivivere la pesca dello Stagnone attraverso l’allevamento nelle “fridde” delle orate, con un forte ritorno economico per i salinari. Quando si dice un progetto “multi-purpose”… La Condotta Slow Food di Marsala si pone in contraddizione al progetto Acqua.sal. Stanziare 1.2 milioni di Euro per capire se l’acquacoltura all’interno della Salina Genna di Marsala possa avere una valenza economica per il territorio rappresenta una perdita di tempo e denaro ai danni dello Stagnone di Marsala”.
Slow Food si sofferma sulle previsioni di spesa del progetto: “a grandi linee più del 40% del totale va in consulenze e personale per la gestione delle attività (l’ambiente ringrazia), un decimo alla ristrutturazione della salina Genna (una salina privata che fino a qualche anno fa veniva utilizzata come molo privato per piccole imbarcazioni), un altro decimo alla creazione di un centro ambientale a villa Genna e il resto in strumenti, attrezzature e comunicazione. Di fatto, alla tutela dello Stagnone viene dedicato il ripopolamento passivo attraverso la regolamentazione (leggasi divieto) della pesca sportiva; a quanto pare nè a Palermo nè in via Garibaldi a Marsala hanno notizia dei danni causati da quella professionale e di frodo”. “Se lo scopo del progetto è quello di comprendere se è possibile creare posti di lavoro con l’itticoltura lagunare – aggiunge Slow Food – sarebbe bastato fare dei benchmark con le varie realtà che operano nelle stesse condizioni (l’acquacoltura estensiva si pratica già a pochi chilometri di distanza, a alle saline di Trapani) e valutare il rapporto costi – benefici – impatto ambientale. Se lo scopo del progetto è quello di ricostruire una salina privata per intercettare dei finanziamenti pubblici e spacciarli per valorizzazione del territorio, allora forse è bene dedicarsi ad altro. Lo sviluppo economico delle saline dello Stagnone di Marsala non passa dall’itticoltura dopata con fondi pubblici ma dalla sua destinazione naturale: il sale. Il sale marino di Trapani è un Presidio Slow Food e il suo areale comprende anche le saline che ricadono nel territorio di Marsala. E’ un prodotto unico e delicato che viene lavorato in modo artigianale e in condizioni eroiche. Se si è in buona fede l’unico progetto utile è quello che riguarda la continuità territoriale della produzione di sale. Se non si è in buona fede si può continuare a pensare che basta un posto bello per dare lavoro. Purtroppo non basta, bisogna essere anche bravi”.

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