Abbiamo riportato ieri della decisione dell’onorevole regionale Antonella Milazzo di non ripresentare la sua candidatura per il rinnovo all’Ars. Elezioni previste per il prossimo 5 novembre. La Milazzo ha dato diverse motivazioni a sostegno della sua decisione, riconoscendo che negli ultimi mesi e nelle ultime settimane il tasso di assenteismo all’Ars è stato particolarmente elevato, rivendicando il diritto allo sfogo “…del peone sempre presente, che ha inteso il proprio dovere in modo serio e responsabile”, allineandosi alle posizioni del governo Crocetta “anche quando è stato difficile. Si potevano fare tante cose, se ne possono fare ancora poche altre, ma molto importanti”. Ora che la nostra concittadina riconosca che negli ultimi tempi alla Regione ci sono andati in pochissimi (anche del suo partito, onorevole…) mentre lei è stata e questo le dà ulteriore diritto di dire la sua, tra i più presenti, è un dato di fatto. Sulla questione che si possono ancora fare delle cose, ci permetta di dire che se sono come quelle che non si sono fatte, è meglio che i deputati anticipino le vacanze. Antonella Milazzo ha iniziato il suo percorso di deputato regionale con, non so se ci capite, un vulnus. Fu eletta nel listino collegato al presidente della regione. E’ la legge, che noi non condividiamo, ma chi vince si porta appresso un certo numero di deputati. Poi il partito dell’attuale segretaria del PD, decise di candidarla anche nella lista per il rinnovo dell’Ars. Era evidente che Antonella mIlazzo si concentrasse sulla vittoria di Rosario Crocetta. Lasciò ad altri il compito di contendersi i seggi nella nostra provincia. Conquistò soltanto poco meno di 200 preferenze, ma si portò appresso la nomina di una deputata eletta senza preferenze nel territorio. Noi non abbiamo giudicato mai il suo operato da quella così “strana” partenza. Non doveva candidarsi nella lista, ma quello è un altro discorso. Ora indignata per alcuni mancati risultati e per le polemiche che si stanno creando, lascia e non raddoppia. “… all’interno di un partito, si fa quello che serve”, ci ha detto riecheggiando un linguaggio che apparteneva al partito di Enrico Berlinguer del quale il Pd e neppure la deputata regionale sono gli eredi. Ha fatto quello che ha potuto in una regione ridotta allo sbando. Conosciamo bene Antonella Milazzo e sappiamo che lascia non gettando la spugna, ma con la giusta “rabbia” di chi avrebbe voluto fare di più per il suo territorio. Non vogliamo pensare neppure lontanamente che si è arresa in cambio di un sottogoverno (un assessorato nella giunta Di Girolamo? Ce ne sono liberi due…). Abbiamo la convinzione che non le interessa e d’altronde pensiamo che il sindaco non vorrà sostituire gli assessori mancanti con la segretaria del suo partito. Così, tutto in famiglia, per gradire.
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