Beni archeologici e integrazione. Due ambiti diversi che sono stati alla base della campagna di scavi tenutasi nell’isola di Mozia. Anche quest’anno è stato rinnovato il progetto sociale tra la “missione archeologica” condotta dall’Università di Palermo, la Soprintendenza di Trapani, l’Amministrazione Di Girolamo e il Consorzio “Solidalia” che gestisce il Centro Sprar di Marsala, da cui provengono i richiedenti asilo che hanno partecipato ai lavori diretti dal professore Gioacchino Falsone e che si concluderanno giovedì prossimo. L’iniziativa, frutto di un protocollo d’intesa che agevola l’integrazione nel territorio, ha visto fianco a fianco migranti, archeologi, antropologi, ricercatori, laureandi e studenti. Il progetto era stato avviato già lo scorso anno ed è stato illustrato anche a Roma come “buona prassi” (best practice) nel corso della presentazione dell’Atlante Sprar 2016, patrocinato dall’ANCI. All’incontro svoltosi la scorsa settimana nella capitale ha presenziato il professore Pietro Giammellaro, in rappresentanza dell’Università di Palermo e l’assessore Clara Ruggieri. “Non posso che manifestare il mio entusiasmo per questo riconoscimento, a conferma della validità del progetto che fa vivere ai giovani migranti un’importante esperienza formativa, arricchendoli anche sotto il profilo culturale. Il mio apprezzamento – conclude la Ruggieri – va al professore Falsone ed alla sua equipe, per l’umana professionalità nell’accogliere i migranti e guidarli tra gli scavi”. A Roma, in rappresentanza di “Solidalia”, c’era invece Sabrina Accardo che ha illustrato il progetto, scandendo le varie tappe per la sua realizzazione ed evidenziando le positive ricadute dei quasi due mesi vissuti a Mozia dai giovani richiedenti asilo: “non i soliti circuiti nei quali si trovano spesso coinvolti – quali campi agricoli e manovalanza varia – tenuto conto che è stata offerta ai nostri giovani un’esperienza di indubbio profilo formativo”. Nel corso della presentazione, che si è avvalsa di apprezzati supporti videofotografici, la dottoressa Accardo ha sottolineato la calorosa ospitalità di Falsone e del suo staff, che hanno fatto “comprendere ai migranti la valenza di quello che si andava a fare, al di là di ruoli e competenze dei partecipanti agli scavi. Fra archeologi, ricercatori, laureandi e ospiti dello Sprar non ci sono stati muri o pregiudizi, ma solo rispetto delle proprie identità e differenze”. La presentazione dell’esperienza di Marsala si è chiusa con la videointervista a Madia Seydi, 19 anni, giunto dal Senegal dopo aver attraversato il Mali, il Burkina Fasu, il Niger e la Libia. Nelle parole di Madia si coglie appieno il senso di questa esperienza a Mozia: “…nei momenti di pausa io e un mio amico del Gambia ci sedevamo all’ombra di un albero. Dopo qualche giorno, anche i ragazzi italiani hanno cominciato a sedersi sotto l’albero a parlare con noi, a giocare a pallone e a suonare la chitarra…”.
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