È bellissima l’ultima lettura che ho appena concluso e voglio condividere con voi alcune sensazioni.
Un libro che ti lascia in bocca il giusto sapore di un’operazione che molti considerano inutile, appunto leggere un romanzo, appassionarsi ad una storia per giunta inventata quindi una bugia. Ma gli oggetti che caratterizzano questa storia come dice uno dei protagonisti del libro, Bruno, montanaro silenzioso con il sogno di diventare un casaro lassù sulle montagne alpine dove è cresciuto in quasi completa solitudine, appartengono al mondo reale e la natura è un nome astratto lo dice ai suoi amici che vengono dalla città. Lassù nei luoghi del piccolo paesino di montagna, Grana, dove si svolgono la maggior parte delle vicende narrate, la natura non è natura ma il nome concreto di luoghi: montagna, lago, sentiero, neve, alpeggio. Vi assicuro che in questo romanzo intitolato “Le otto montagne” scritto dal giovane scrittore Paolo Cognetti e pubblicato dalla casa editrice Einaudi scorre un ruscello limpido, fresco e scosciante di poesia come poche volte accade nei libri di narrativa dove conta di più l’intreccio o la costruzione dei personaggi. I motivi che si ritrovano in questa storia sono tanti a partire dal rapporto difficile tra genitori e figli, tra figli naturali e padri putativi, il tema mai tramontato dell’amicizia, il rapporto che ognuno di noi costruisce con il mondo che Dio o chi per lui ci ha regalato. Ho letto qualche tempo fa su di un giornale che i diritti di questo libro erano già stati acquistati da molte case editrici straniere, che l’autore di questo romanzo ha fatto una scelta radicale di vita, decidendo di vivere sei mesi l’anno in una piccola baita di montagna. Leggendo il suo ultimo romanzo si capisce a pieno il senso di questi due fatti, che la letteratura è una splendida bugia che ti aiuta a conoscere meglio te stesso. Molte delle cose narrate in questa vicenda non mi appartengono, piuttosto la mia natura è fatta di altre parole, mare, poseidonia, immersione, pesci, onde che s’infrangono sulle rocce eppure la fatica dei personaggi del libro, la difficile condivisione con gli altri di un pezzo della loro esistenza, la passione per qualcosa che ti dia una ragione per vivere mi ha fatto riflettere sulla mia esistenza, sul rapporto con mio padre, con mio fratello, con i miei amici. Spesso ho pensato proprio a loro, ai miei amici marsalesi, Paolo, Pippo, Francesco, Letizia, Antonella, Giacomo, Andrea, Ottavio… con cui ho condiviso una parte della mia vita scalando montagne o restando travolto da slavine. Oggi non so più se il mio ruolo è quello di stare sull’ottava montagna che si trova al centro o quello di fare il giro delle sette montagne ma vi assicuro che non ho perso la voglia di progettare scalate, di salire sulle cime più scoscese, di coltivare una passione tutta mia.
Vincenzo Piccione