Il libro è stato presentato da Francesca Scopelliti nel teatro comunale di Marsala per iniziativa di Camera penale, Ordine degli avvocati e Aiga
C’era Enzo Tortora qualche giorno fa nel teatro comunale di Marsala. Lo scrivo senza retorica e senza intento di produrre nel lettore mistico scalpore. Ma è accaduto davvero. Enzo Tortora era lì. Il letterato erudito eppure eccezionalmente comunicativo con ogni fascia sociale di questo nostro triste Paese, che per vent’anni è entrato nelle case degli italiani, dando lezioni ancora utili sulla tv generalista capace di essere vicina ad ogni uomo senza indulgere al qualunquismo populistico, è tornato a parlare per raccontare l’esperienza più atroce da lui vissuta. La carcerazione con l’accusa di essere camorrista, l’onta di essere messo alla berlina da quella stessa macchina della comunicazione alla quale lui aveva dato tutta la sua vita, il silenzio di molti dei sedicenti amici e poi l’umiliazione per mano di uno Stato che con lui non si è di certo rivelato essere “di diritto”. Tortora – così lo chiama spesso anche Francesca Scopelliti, per dieci anni senatrice di questa triste Repubblica, ma prima ancora compagna di vita di Enzo – ha parlato alla platea marsalese con la voce di un magistrale Enrico Russo, lettore delle sue “Lettere a Francesca”. Libro postumo – edito da Pacini Editore – il cui sottotitolo è già una chiave di lettura per l’intero volume: “Solo i bimbi, i pazzi e i magistrati non rispondono dei loro crimini”. I proventi della vendita serviranno ad istituire il “premio Tortora”, un Nobel per la giustizia. La presentazione dell’opera a Marsala si inscrive all’interno degli eventi promossi dalla Camera Penale di Marsala, in collaborazione con l’Ordine degli avvocati di Marsala e con l’Aiga – associazione italiana giovani avvocati. E forse anche per questo l’evento ha avuto il sapore di un appuntamento formativo, un assetto quasi pedagogico, oltre che dialettico, partendo dalla vicenda giudiziaria che ha investito Enzo Tortora nel 1983 per poi affrontare il problema della malagiustizia in Italia. Dopo il saluto del sindaco Alberto Di Girolamo, il presidente dell’Ordine degli avvocati, Gianfranco Zarzana ha detto, senza mezzi termini: “Tortora è stato un avvocato. Con la sua opera ha difeso i diritti” e continua a farlo ancora attraverso queste pagine che “sono una lezione per i giovani”, commenta l’avvocato Francesco Messina, formatore dei giovani avvocati per il gratuito patrocinio. A moderare è stato il vice presidente della Camera penale, Francesco Moceri: “Questo libro affronta i temi quali: l’invivibilità delle carceri, l’eccessiva burocratizzazione delle carceri che umilia. L’errore giudiziario e – ha sottolineato – in 33 anni il dibattito si è fermato su questi punti”. Eppure l’idea di questa pubblicazione è nata proprio a Marsala: “Su consiglio di Beniamino Migliucci – rivela Giacomo Frazzitta, presidente della Camera penale – Francesca (intervenuta nella nostra città in occasione dei Cantieri del diritto) decide di pubblicare questo libro che, al contempo è una lezione di grammatica, ed è una lezione di vita. lo è perché nel carcere si vede l’essenza di un uomo. E credetemi, nel 1983 le carceri erano migliori di ora.Leggendo queste pagine si comprende profondamente che ogni cittadino ha diritto ad essere rispettato. Ha diritto ad un processo giusto”. Ad dibattito ha partecipato anche Piero Sansonetti, direttore de “Il Dubbio”: “il libro – ha detto – immortala l’inizio del meccanismo di degenerazione del giornalismo italiano che decide di rinunciare a quella che dovrebbero la critica e di diventare megafono del potere, in questo caso della magistratura. Il potere giudiziario è il più forte che c’è in rapporto alla vita umana. Molto più della politica. È di oggi la notizia dell’assoluzione di Omar Hassan, dopo 16 anni di carcere con l’accusa di aver ucciso Ilaria Alpi”. Secondo il presidente del Tribunale di Marsala Alessandra Camassa, però, dagli anni 80 ad oggi molte cose sono cambiate. “Era un altro mondo. Oggi gli avvocati sono in condizione di discutere e demolire l’accusa. Ma occorre pensare che occorre cambiare ancora basti pensare, ad esempio che alla Corte suprema americana arrivano 80 casi l’anno. Alla Cassazione 90.mila. Questo deve far riflettere su fatto che il crimine deve diventare una cosa minimale. Ora invece l’amministrazione attiva è completamente deresponsabilizzata e tutti viene demandato al diritto penale, che invece dovrebbe essere minimo”. Quando la parola passa a Francesca Scopelliti la platea ne viene completamente rapita. Francesca, in pienezza, parla di Enzo per parlare dell’Italia. “questo è un libro per far capire quello che è successo e che non dovrebbe più succedere. Prima arlare di Enzo era vietato. Nell’87 è stato fatto un referendum che voleva i magistrati responsabili. La legge Vassalli però tradì l’esito referendario, diventando interpretabile. Non categorica. Nel caso di Tortora non solo nessuno ha pagato ma hanno anche fatto carriera. Siamo un paese anestetizzato. Rassegnati. L’errore giudiziario purtroppo è ancora possibile”. E secondo Salvatore Cristaldi, presidente Aiga, un ruolo è giocato anche dal cosiddetto fenomeno del pentitismo.