La crisi economica ha travolto la Sicilia più del resto d’Italia, bruciando 14 miliardi di euro di prodotto interno lordo, e ancora non si vede la luce in fondo al tunnel. E dire che il presunto segnale di ripresa del 2015 con un aumento del prodotto interno lordo dell’1,1 per cento, strombazzato dal governo regionale, aveva avuto un grande impatto mediatico (tranne che nelle famiglie e nei disoccupati, che erano indotti a credere che la ripresa c’era ma riguardava altri). Il Documento di programmazione economica consegnato dall’assessore Alessandro Baccei in giunta, rischia di venire vanificato da quest’anno tremendo. Ieri infatti quei “gufi e vampiri” dell’Inps hanno pubblicato i dati sull’andamento dei nuovi rapporti di lavoro nei primi otto mesi del 2016 e i dati sono a dir poco allarmanti. In Sicilia si registra un calo del 28,5 per cento delle nuove assunzioni a tempo indeterminato rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, e nel complesso le assunzioni diminuiscono del 7,7 per cento: tradotto significa quasi 20 mila posti di lavoro in meno. Finito l’effetto degli incentivi del Jobs Act (avevano ragione i sindacati che lo ritenevano effimero?) rischia di rimanere lo stesso deserto che ormai dal 2008 nell’Isola cresce ogni anno. Secondo il Documento economico presentato a Palazzo d’Orleans, il calo del Pil negli ultimi otto anni, nonostante un rialzo registrato nel 2015, è stato pari a quasi 13 punti percentuali. La media del resto d’Italia è stata del 9 per cento. Conti alla mano, affermano quelli che ne capiscono, sono andati in fumo 14 miliardi di euro di prodotto interno lordo della Sicilia, cioè vero denaro messo in circolo da famiglie, imprese e istituzioni pubbliche. Una guerra che ha visto l’Isola come campo di battaglia principale. Nel frattempo, secondo le cronache pasteggiando ad agnolotti, il premier Matteo Renzi ha raccontato agli americani un’altra Italia, quella che vince premi Oscar e medaglie alle Olimpiadi, quella che esporta intelligenze (ma non sarà che fuggono?) e cultura nel mondo. Il presidente Obama ha recepito il messaggio e ricambiato con un endorsement sul Si al nostro referendum costituzionale. Noi non ci uniremo al coro di quanti hanno protestato in Italia per questa intromissione nei fatti di casa nostra, proveniente da Washington. Vorremmo soltanto ricordare che arriva da un uomo che tra poche settimane passerà dalla status di più importante del mondo, a quello di un qualunque americano che porta a spasso il cane. Fossimo in Renzi non saremmo tranquilli, hai visto mai che porta sfiga?
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