“Ci sono dei precedenti specifici che ci hanno spinto a sollevare una questine di legittimità costituzionale”. E’ quanto ci ha dichiarato “a caldo” l’avvocato Stefano Pellegrino che, assieme alla collega Arianna Rallo, costituisce il collegio difensivo del consigliere Vito Cimiotta. “C’è una lacuna normativa in proposito – ci ha detto il professionista marsalese – per quanto attiene l’avviso dell’imputato di presentare istanza di messa alla prova entro i termini per l’opposizione”. E’ iniziato così il processo che vede imputato Vito Cimiotta, Consigliere comunale eletto nelle fila del Pd e ora sospesosi dal gruppo. Il processo a carico di Vito Cimiotta, che di professione fa l’avvocato, arriva la dopo la decisione presa dalla procura di Marsala che ritenne di avere in mano prove sufficienti e non interpellò il Gup rinviando direttamente a giudizio il professionista lilybetano. Dall’inchiesta era emerso che Cimiotta prima elezioni amministrative avrebbe promesso un posto di lavoro nel bar dell’ospedale “Paolo Borsellino” a due suoi conoscenti disoccupati chiedendo in cambio voti di preferenza. Appena appresa la notizia Vito Cimiotta dichiarò alla nostra testata che, “…a parte l’assoluta fiducia che ho nella giustizia, spero in una conclusione spedita del procedimento che possa chiarire la vicenda ed accertare la mia assoluta innocenza. Nessun posto di lavoro è stato mai promesso in cambio del voto ad alcuno e tutto ciò sarà provato”. In campo politico la polemica sul rinvio a giudizio si fece più aspra in quanto il Consigliere è anche presidente della Commissione Bilancio di Palzzo VII aprile. Cimiotta, in seguito alla polemiche, si è autosospeso dal gruppo consiliare del Pd ed è tutt’ora componente del gruppo misto. Dopo la eccezione di incostituzionalità, il processo riprenderà il prossimo 9 maggio data in cui il giudice monocratico, Lorenzo Chiaramonte, comunicherà la propria decisione. Se dovesse rigettare la richiesta del collegio difensivo si andrà avanti, in caso di accoglimento il processo verrà sospeso e la parola passerà alla Corte Costituzionale.
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