Mafia e vespai

Vincenzo Figlioli

Marsala

Mafia e vespai

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venerdì 08 Aprile 2016 - 09:59

Piccola premessa: mai come oggi è diventato difficile fare i giornalisti. Esci per strada, dai uno sguardo ai social e ti ritrovi a pensare che l’Italia dei 56 milioni di allenatori della nazionale di calcio sia diventata improvvisamente un Paese con 56 milioni di giornalisti. Ognuno discetta di informazione e stampa come se avesse fatto un master al New York Times o alla Bbc. Io non sarei in grado di avere la stessa sicumera che hanno ostentano se dovessi parlare di medicina, ingegneria o di cultura cinese. Ma siccome la madre del tuttologo è sempre incinta, ci tocca anche questo. La premessa in questione si rende necessaria per dire, una volta per tutte, che un giornalista ha il diritto di intervistare chi vuole. Quel che conta è il “come” lo fa.

In 20 anni Bruno Vespa ha dedicato pochissime puntate di “Porta a porta” alla mafia. Quando lo ha fatto, è stato solo per evidenziare qualche successo del governo del momento nella lotta a Cosa Nostra. Non ha la preparazione, né la sensibilità per affrontare questo tema. Si è visto qualche mese fa nella sciagurata puntata in cui ha ospitato il clan Casamonica e se ne è avuta conferma con l’intervista a Salvo Riina. Enzo Biagi o Michele Santoro potevano permettersi di confrontarsi con Tommaso Buscetta e Massimo Ciancimino perchè sapevano come farlo. Non si improvvisavano. E, in certi casi, hanno regalato agli spettatori ottime pagine di giornalismo. Mai avrebbero avuto l’atteggiamento di sudditanza che Vespa ha mostrato nei confronti del figlio del boss corleonese, mostrandosi incapace di orientare l’intervista verso un binario che potesse avere un minimo interesse sociale. Riina ha avuto la possibilità di definirsi orgoglioso di appartenere a una famiglia di mafiosi e di lanciare invettive contro lo Stato e i collaboratori di giustizia. Cosa ha aggiunto alla nostra conoscenza della mafia? Il nulla assoluto. Piuttosto, gli è stata data la possibilità di lanciare dei messaggi, di far intendere a chi deve intendere che lui c’è, è pronto e non intende nascondersi. Dopo aver utilizzato migliaia di ospiti per il suo talk show, Vespa ha finito per farsi utilizzare da Riina, facendo lo stesso errore che hanno fatto tanti politici della storia repubblicana che hanno pensato di poter gestire i mafiosi per i propri obiettivi, ritrovandosi poi con uno scenario completamente ribaltato. Mediocre anche il dibattito successivo, in cui Vespa ha mostrato un sussulto di interesse solo quando ha trovato lo spunto per accodarsi alla vulgata degli ultimi mesi sulla sconfitta o l’inutilità dell’antimafia.

Fino a quando i media nazionali e il mondo politico continueranno a occuparsi di mafia con questa superficialità, Cosa Nostra potrà dormire sonni tranquilli. Se, viceversa, cominceranno a tendere la mano a chi la criminalità la contrasta ogni giorno nella sua frontiera di provincia o mostreranno interesse a comprendere come i mafiosi ingeriscono oggi sulla nostra economia e sulla nostra società, allora uomini come Riina capiranno che per loro in Italia non c’è più spazio.

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