Diffamò Cristaldi su Facebook: condannato un cittadino mazarese

redazione

Diffamò Cristaldi su Facebook: condannato un cittadino mazarese

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sabato 02 Aprile 2016 - 07:27

E’ destinata a fare giurisprudenza in un ambito molto discusso la sentenza emessa dal Tribunale di Marsala in composizione monocratica che ha condannato a un mese di reclusione un cittadino mazarese (con sospensione della pena) per aver diffamato il sindaco Nicola Cristaldi attraverso Facebook. A darne notizia è l’avvocato Alessio Muscolino, legale del primo cittadino di Mazara, che ha espresso soddisfazione per l’epilogo della vicenda. I fatti risalgono al periodo compreso tra l’11 novembre e il 24 dicembre 2013, a pochi mesi dall’inizio dell’ultima campagna elettorale, conclusasi con la rielezione al ballottaggio di Cristaldi.

“Al di là di questioni puramente tecniche – spiega Muscolino – va sottolineato come il caso in parola non è isolato, ma si aggiunge ad altri gravi fatti di diffamazione on line perpetrati ai danni della persona del sindaco di Mazara, per i quali sono state già sporte le dovute querele e sono in corso le indagini per l’individuazione dei responsabili. Tale intollerabile situazione evidenzia l’assoluta irresponsabilità e delinquenzialità di quanti percepiscono i social network, e facebook in particolare, come una zona franca nella quale offendere, liberamente e impunemente, l’onore e la reputazione di terzi. Le cose stanno proprio al contrario. L’utilizzo di internet costituisce infatti un mezzo nuovo, più potente ed invasivo, per la commissione di vecchi reati. In particolare facebook costituisce un potentissimo mezzo di diffusione delle notizie in esso riportate che rendono impossibile alla persona offesa il loro controllo e la loro limitazione, anche grazie a meccanismi cosìddetti “virali” , che permettono di copiare (taggare) da un profilo utente i dati (ad esempio un messaggio, una foto, un video diffamatori) e incollarli in un altro profilo esautorando di fatto l’interessato dal diritto di esercitarvi il legittimo controllo. Non è un caso che, di recente, la stessa Corte di Cassazione (sez. penale 24431/2015) ha qualificato la diffamazione a mezzo facebook come diffamazione a mezzo stampa, assoggettandola agli aumenti di pena previsti per la forma aggravata di tale reato.

Sotto tale profilo mi pare assolutamente opinabile il comportamento di talune procure che, come è già avvenuto in qualche caso, di fronte alla necessità di procedere ad una rogatoria internazionale per acquisire dalla sede statunitense di Facebook le informazioni utili ad individuare i responsabili dei fatti, richiedano l’archiviazione al gip per impossibilità di individuare gli stessi, abdicando di fatto alla irrinunciabilità ed indefettibilità della propria funzione.

Ritornando alla sentenza in commento è evidente che la stessa ha lasciato del tutto impregiudicati i profili risarcitori connessi alla grave lesione dei diritti all’immagine e alla reputazione subita dal mio assistito, per il ristoro dei quali si agirà in separata sede civile”.

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