Non mi risulta che qualcuno abbia aderito, nella nostra Città, allo sciopero indetto da Unicobas, Anief, Cub Scuola, Cobas e Usi Surf. Sarà perchè sono arrivate le nuove immissioni a ruolo che, fra l’altro, restano in attesa di una supplenza. Non si sa dove metterli, pare. E allora si scende di nuovo in piazza perchè, al di là di queste promesse vestite da assunzioni, c’è ben altro. C’è ad esempio una valutazione degli insegnanti poco chiara. Cosa bisogna valutare? I suoi buoni voti presi a scuola o all’Università? Se ha un master o esperienze all’estero? Oppure bisogna valutare un docente in base a ciò che il suo allievo ha imparato? Si parla addirittura di premi agli istituti più virtuosi come i benefit aziendali. Il problema è che la scuola non vende scarpe o borse, ma dona cultura. Dire che un ragazzo oggi non studia più perchè passa tutto il tempo tra computer e cellulare non è una scusa plausibile per declassare il mondo della scuola: anzi, oggi un giovane studente ha a portata di mano molte più informazioni delle generazioni che lo hanno preceduto, deve solo valutarne l’attendibilità e fare un uso più “sostenibile” dei mezzi a sua disposizione. Ma si sciopera anche per un sistema scolastico riformato non in maniera adeguata perchè non valorizza il percorso formativo dello studente; c’è più offerta, spesso ci sono stage di alternanza scuola-lavoro, ma lo studente dovrebbe oggi crearsi un suo piano di studi. E che farne dei precari con all’attivo già 36 mesi di servizio, ingiustamente esclusi dalla legge 107? Anche qui disparità nelle assunzioni. Ieri la scuola è scesa in piazza, guidata da Anief e Cobas, anche perchè il Govero sta trattando con le parti in causa in maniera poco corretta, offrendo prima i 500 euro da spendere in cultura in senso lato (guardare una commedia dei Vanzina ed acquistare un libro di Fabio Volo dovrebbe rientrarne?), fino agli 8 euro lorde nel rinnovo contrattuale che gli insegnanti attendono da 6 anni. 8 euro sono umilianti e denota la continuità del Governo Renzi – come se ci fosse bisogno di ricordarlo – con il suo illustre predecessore. Certo, “con la cultura non ci si fa un panino” diceva Tremonti, con 8 euro sì. Ma al momento attuale il mondo della scuola non si accontenta di un panino e una bibita. Così come gli studenti dovrebbero scendere in piazza per reclamare i loro diritti, la società li ha appiattiti. La loro sembra più una resa, nonostante ogni mattina si ritrovano in edifici in affitto, spesso da ristrutturare, col tetto che cade, con la carta igienica portata a scuola dai loro professori, con le stufe non funzionanti… se ne accorgerebbero se solo alzassero gli occhi da Whatsapp.
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