Finalmente

Gaspare De Blasi

Apertura

Finalmente

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giovedì 12 Novembre 2015 - 06:30

Alcuni marsalesi, qualche petrosileno, migliaia di siciliani e decine di migliaia in tutto il Paese. Sono gli insegnanti che da due giorni hanno ricevuto l’e-mail di assunzione nella scuola pubblica. Si tratta di un momento importante per tutte le famiglie coinvolte. Il famoso “posto fisso” tanto vituperato e bistrattato, ma anche tanto cercato, è arrivato. Auguri a quanti, a costo di sacrifici e con tanta bravura, hanno avuto la capacità di superare il concorso. Dato a Renzi ciò che è di Renzi (e noi di solito non siamo teneri con il governo), ci siamo messi alla ricerca dei commenti tra quanti in giro per l’Italia, hanno ottenuto la cattedra. Ecco alcuni commenti : “Mia mamma cominciò a fare supplenze quando io ero bambina. Di mestiere faceva la precaria ora a 57 è entrata di ruolo. Un bacione”. E poi in modo addirittura più toccante, “Mia moglie è scomparsa lo scorso anno. Era precaria come me. Io oggi sono entrato di ruolo e nella mia provincia. Ho stampato la mail e l’ho portata la cimitero”. E poi, tra le altre, una insegnante di Palermo: “Sono entrata di ruolo dopo appena 5 anni di supplenze, ho una bambina piccola e un marito, ma dovrò andare a Parma. E’ giusto?”. Ieri, sui social network, in tanti (troppi?) hanno esultato per l’assunzione arrivata con la Fase C, la cosiddetta del potenziamento. Ma non c’è niente da festeggiare. Chi dopo anni, a volte decenni, ha ottenuto una cattedra a tempo indeterminato non deve ringraziare nessuno, ma ricordare semplicemente che è stato applicato l’articolo 1 della Costituzione: “L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro”. Eppure questo è uno dei corsivi più lieti che ci capita di scrivere da anni. Lo finiamo con le parole postate su facebook da Nadia: “…14 novembre 1997 ha avuto inizio il mio precariato nella scuola statale. Oggi 10 novembre 2015 dopo ‘appena’ 18 anni… (più 6 di pur sempre onorato servizio nella scuola paritaria) sono entrata di ruolo. Forse vale la pena ricordarcelo: tutto ciò sarebbe dovuto accadere prima, molto prima, ma non viviamo in un Paese normale”.

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