Gli effetti relativi alla campagna elettorale marsalese continuano a polarizzare il dibattito interno a Forza Italia. Sull’argomento si registra infatti una nuova presa di posizione da parte del senatore Antonio D’Alì, commissario provinciale del partito. Dopo Rossana Titone e Toni Scilla, stavolta il parlamentare trapanese se la prende con l’onorevole Saverio Romano, a proposito del ruolo avuto in campagna elettorale dal “Cantiere Popolare”, una delle tante sigle politiche del microcosmo postdemocristiano, il cui logo a Marsala compariva a fianco a quello della lista civica “Oltre i colori”, coordinata da Enzo Domingo. Romano ha infatti chiesto le dimissioni di D’Alì e Gibiino, con una nota in cui fa riferimento anche all’esito delle amministrative lilibetane: “A Marsala realtà di rilievo provinciale e ragionale, il centro destra non ha presentato un proprio progetto politico in antitesi allo scellerato governo Crocetta e a quello nazionale di centro sinistra – afferma Romano – Forza Italia non ha presentato nemmeno il proprio simbolo come del resto in altre realtà siciliane chiamate al voto. Buona e sana politica vorrebbe che dopo ogni competizione elettorale, sopratutto dopo una batosta, il partito si riunisca per analizzare le risultante del dopo voto, per discutere, per trovare opportune soluzioni. Invece, nel partito che non c’è, si cacciano i pochi volenterosi rimasti, solo al fine di nascondere la incapacità di guida politica e di rappresentanza di un territorio importante come quello trapanese e siciliano”.
Immediata la risposta di D’Alì: “Non comprendo perché l’onorevole Romano si occupi di Forza Italia, partito al quale ha dimostrato non appartenere proprio in occasione delle elezioni amministrative, nelle quali si è distinto per iniziative autonome e non concordate, neppure a livello di coalizione, del suo partito, Cantiere Popolare. Proprio a Marsala, dove Forza Italia, come in altre realtà che lo stesso cita, ha deliberato con assenso e delega della segreteria nazionale di identificarsi inequivocabilmente con una lista civica, nel caso ‘Forza Marsala’, Romano avrebbe dovuto quantomeno rispondere alle numerose chiamate del partito, invece di presentare una propria lista, ‘Cantiere Popolare’, il cui risultato è stato fallimentare. Una cocente delusione che ha probabilmente spinto l’onorevole Romano all’odierna sortita, come sempre a mezzo stampa. I fatti evidenziano la necessità di voltare pagina, e rendono indispensabile quanto il coordinatore regionale e quello provinciale si apprestano a definire in ordine alla rappresentanza del partito in provincia. Il risultato di Forza Italia alle amministrative siciliane è tutt’altro che trascurabile. Abbiamo portato la sinistra ai ballottaggi, facendo capitolare il Pd su numerosi fronti, conquistando la città di Enna ed altre importanti città ed ora, con grande determinazione, sapremo premiare lealtà e impegno nel rispetto delle regole e della democrazia“.
Ma c’è anche un terzo fronte, che vede protagonista il consigliere comunale trapanese Francesco Salone. Con una nota in cui spiega di essere distante tanto dalle posizioni di D’Alì, quanto da quelle di Scilla, Salone sottolinea che le nomine effettuate lo scorso anno non avevano “nessuna legittimazione politica”, non essendo frutto di decisioni congressuale come prevede invece lo statuto. “Si sono accorti solo oggi, Enzo Domingo, Toni Scilla, Rossana Titone, Mariapia Castiglione, e quanti avevano consentito che le voci dissenzienti come la mia venissero messe all’angolo, che non c’è democrazia dentro al partito di Forza Italia – scrive Francesco Salone -.Devo ricordare loro che questo è il partito mortificato dai tanti uomini come D’Alì, e di cui Berlusconi si circonda? Un partito che fino a pochi anni fa ha raggiunto consensi da capogiro (fino al 34%) e che oggi ha solo briciole di elettorato, e che alle ultime amministrative di Marsala non ha neppure avuto il coraggio di correre con il proprio simbolo rincantucciato dietro la risibile insegna di Forza Marsala. Una volta c’era l’orgoglio della appartenenza a Forza Italia, oggi è rimasta solo la vergogna di un partito che è padre di una legge elettorale antidemocratica come il porcellum, una legge fatta per gli uomini di Berlusconi, gli uomini come D’Alì. Uomini che non hanno i voti, che non conoscono la democrazia, evitano il confronto ed operano con prepotenza ed arroganza, distribuendo incarichi come se fossero satrapi imperiali”.