Un abbraccio lungo seimila anni…

Claudia Marchetti

Un abbraccio lungo seimila anni…

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lunedì 16 Marzo 2015 - 17:17

Quel giorno l’apertura del museo era gremita di gente, tutti erano ansiosi di vedere la straordinaria scoperta venuta alla luce grazie all’opera paziente e di grande impegno che aveva dedicato anni di lavoro da parte di speleologi e studiosi. Quella parte della Grecia non era nuova a scoperte del genere, ma questa superava ogni normale curiosità, grazie all’importanza storica in essa contenuta. Quando finalmente anch’io, dopo aver concluso il mio turno nella lunga fila che conduceva al posto stabilito, mi ritrovai di fronte al ritrovamento, mi sentii invasa da una repentina emozione, ammirata e quasi incredula per ciò che stavo ammirando e che mi sembrava inverosimile. In mezzo ad oggetti di svariato tipo come travi, aste di ferro, pezzi di muraglie ed altro ancora, si intravedevano due scheletri abbracciati, la guida spiegava che erano un uomo e una donna, le gambe intrecciate, due mani unite e strette, il braccio di uno attorno alla schiena dell’altro e le teste rivolte ciascuna nella parte opposta come se evitassero di mostrare reciprocamente la propria sofferenza in un momento così drammatico. Quel giorno c’era stato un terremoto devastante e quindi ciascuno di noi cominciò ad immaginare quali potessero essere stati gli ultimi istanti di quelle due persone che ora vedevamo dopo seimila anni dalla loro morte. L’atteggiamento intimo in cui si trovavano non lasciava dubbi sul tipo di sentimento che li legava, ciò che rimaneva dei corpi stava a testimoniare che il loro era un rapporto amoroso e che avvinghiati com’erano avevano affrontato la morte uniti ed avvolti dal loro amore.

Una coppia di adolescenti che potevano essere al loro primo amore guardava con interesse quei due corpi intrecciati venuti alla luce dopo seimila anni e lui strinse lei alle spalle sussurrandole dolcemente: “ Anch’io ti avrei protetto come ha fatto lui in un momento così tragico.” Lei sorrise guardandolo con amore e continuavano a fissare quella coppia quasi sperando che riprendesse vita. Più in là due sposini che godevano il loro viaggio di nozze in una terra così ricca di storia e di fascino qual è la Grecia, si stringevano commossi di fronte a quella visione immaginando quanto potessero amarsi quei due sconosciuti e quali potessero essere le loro manifestazioni amorose non dissimili dalle loro così attuali e fresche.

La gente osservava con molto interesse quei due scheletri che sapevano di sacro, ciascuno cercava di immaginare come potessero essere da vivi, quanti anni avessero e quale fosse la loro storia e lì la fantasia viaggiava specie quando osservando i loro teschi si tentava di attribuire dei lineamenti e anche la loro età. Una coppia di persone mature che forse erano in viaggio per festeggiare le nozze d’oro, sostavano immobili di fronte ad una scena così misteriosa e colma di tenerezza, lei guardava il suo uomo con occhi teneri e commossi, chissà, forse ricordava quando da giovani si abbandonavano alla passione e quante volte si saranno promessi un amore eterno come quello che erano riusciti a mantenere per tanto tempo.

Quei due corpi avvinghiati, uniti indissolubilmente per seimila anni conservavano intatto il sentimento che li aveva legati negli ultimi istanti della loro vita, nel frattempo le vicende della terra si erano alternate, usi, costumi, eventi umani, catastrofi, guerre, mutamenti geografici e politici avevano cambiato le sorti di questa terra dove noi tutti viviamo, ma lì sotto a tanti metri di profondità, dove mai un raggio di sole aveva invaso quel buio o la luna aveva diffuso il chiarore romantico in notti senza luce, due corpi continuavano a manifestare l’amore, quello che diventa un simbolo, un’ideologia, un’entità di eterea bellezza. Fu il giovane adolescente che rivolto alla compagna osservò come colto da un’idea geniale: “Dovrebbero sostituire gli innamorati di Peinet che vediamo sempre come simbolo dell’amore con la fotografia di questi due scheletri che sono più veri e più efficaci. Sei d’accordo?” Lei sorrise compiaciuta a questa frase, fiera di avere un innamorato così sensibile e romantico.

La sera si stava avvicinando ed il museo tra poco avrebbe chiuso i battenti. Seduta su una pietra guardavo i due adolescenti, la coppia in viaggio di nozze e quella che festeggiava le nozze d’oro: tre generazioni, tre sentimenti uguali e diversi di fronte a seimila anni di un abbraccio che non si stacca, ma in tutti si leggeva l’amore, quello che brilla sotto il sole o sogna all’ombra della luna, lo stesso amore che avranno provato i due scheletri sotto lo stesso sole o guardando la stessa luna, mentre nell’aria saranno volate le loro ultime parole d’amore e i loro sguardi colmi di terrore e di passione. L’amore, un sentimento così grande, mutevole, intenso, complesso che può diventare passione ma anche tormento, perfino sprecato per chi lo dona a chi non sa riceverlo, amore che fa dell’essere amato la sola ragione di vita o che può essere causa di perdita di vita. Non lo puoi costringere a regole, esso è libero, vaga nei cuori di chi lo riconosce, ma anche in quelli che lo ripudiano, comunque sia è la sola energia che fa muovere il mondo o rimanere fermo a testimoniare se stesso anche per seimila anni.

 Sebastiana Piccione

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