Si tratta dei 4 marsalesi coinvolti lunedì scorso in un’operazione antimafia
Hanno tutti scelto di non rispondere al GIP di Palermo le quattro persone che lunedì scorso sono stati arrestati a conclusione dell’operazione denominata “The Witness” effettuata dai Carabinieri del Ros e del Nucleo Investigativo del Comando Provinciale di Trapani, in esecuzione di ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal Gip di Palermo, su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia. Secondo l’accusa sarebbero affiliati alla famiglia mafiosa di Marsala e in particolare in tre sono indagati per associazione di tipo mafioso e uno per favoreggiamento aggravato. Si tratta di Antonino Bonafede, di 79 anni, pastore, pregiudicato per associazione di tipo mafioso, difeso dall’avvocato Paolo Paladino; di Martino Pipitone, di 65 anni, pensionato, pregiudicato per associazione di tipo mafioso e detenzione abusiva di armi, assistito dal Stefano Pellegrino e Vito Cimiotta; di Vincenzo Giappone, di 53 anni, incensurato, difeso da Stefano Venuti e Federico Sala; di Sebastiano Angileri, di 47, fabbro, incensurato, assistito da Carlo Ferracane. Quest’ultimo non è accusato di associazione mafiosa, ma di favoreggiamento per aver, secondo la Dda, aver accompagnato nel 2011, in due diverse occasioni, Giappone, ad un incontro con Bonafede presso i suoi due ovili (uno in contrada Maimona, l’altro in località Selvaggi). Tutti, sottoposti all’interrogatorio di garanzia da parte del GIP di Palermo, dottoressa Pino, hanno rigettato le accuse e si sono avvalsi della facoltà di non rispondere. Tutti i difensori presenteranno istanza di revoca della misura cautelare (in carcere presso la casa circondariale di Trapani) innanzi al Tribunale di Libertà. Un discorso diverso riguarda Martino Pipitone che, per gravi motivi di salute si trova a Como. “Considerate le gravi condizioni di salute dell’indagato – ha detto l’avvocato Pellegrino . faremo istanza di revoca della misura cautelare direttamente al GIP”. Ricordiamo che gli arresti sono scaturiti dalle indagini, dirette dal Procuratore Aggiunto della D.d.a. di Palermo, Teresa Principato, e coordinate dal sostituto procuratore Carlo Marzella. Secondo l’Accusa Antonino Bonafede sarebbe stato al vertice di Cosa nostra a Marsala e. con Vincenzo Giappone avrebbe provveduto alla raccolta di denaro provento delle attività illecite, poi conferite al “mandamento mafioso” di Mazara del Vallo e ai familiari degli affiliati detenuti. Sempre secondo la Dda, Martino Pipitone avrebbe esercitato la propria sfera d’influenza principalmente nel centro città; Angileri avrebbe organizzato incontri riservati tra mafiosi.