Il giudice Sergio Gulotta, presidente della sezione penale del Tribunale di Marsala e componente della Giunta sezionale di Palermo dell’ANM, ha letto in aula un estratto della delibera dell’assemblea generale: “Le attuali riforme, frettolosamente definite rivoluzionarie, contengono interventi inutili e di facciata”
Riformare la giustizia si deve, ma occorre farlo in maniera seria e non con proclami populisti, che spesso non contengono reali e necessarie trasformazioni. È stato questo il messaggio, nella sostanza, lanciato dall’associazione nazionale magistrati – ANM – che lo scorso 9 novembre si è riunita a Roma in assemblea generale e ha prodotto una delibera con all’interno proposte e suggerimenti per ammodernare e rendere più efficiente il sistema giustizia. Ieri il giudice Sergio Gulotta, presidente della sezione penale del Tribunale di Marsala e componente della Giunta sezionale di Palermo dell’ANM, ha letto un estratto della delibera dell’assemblea generale, alla presenza del presidente della sottosezione ANM di Marsala Vito Marcello Saladino, dei giudici Tommaso Pierini e Iole Moricca, del pm Antonella Trainito e di alcuni avvocati e giornalisti. “La giurisdizione è strumento irrinunciabile – scrive l’ANM – di tutela dei diritti dei cittadini ed alla magistratura ne è affidato l’esercizio indipendente e imparziale. La magistratura associata denuncia il diffondersi di un dibattito pubblico superficiale, intriso di propaganda, di pregiudizi e di luoghi comuni. Il malcelato fastidio per il controllo di legalità si esprime fino al punto di considerare la giurisdizione come un ostacolo da rimuovere e di rivolgere ai magistrati accuse infondate e ingiuriose di inefficienza e irresponsabilità. L’ANM da lungo tempo denuncia la grave crisi di efficienza e di funzionalità in cui versa il sistema giudiziario italiano, che si traduce in crisi di credibilità della Giustizia, con gravi ricadute sul principio di legalità e di uguaglianza dei cittadini davanti alla legge. Tale situazione non è certo causata dall’inettitudine dei magistrati ma da carenze organizzative, da gravi vuoti nell’organico del personale amministrativo – largamente inferiore alle necessità minime del sistema -, da un’innovazione tardiva e insufficiente, da una politica da troppo tempo disattenta ed incoerente nei settori della giustizia civile e penale”. Da qui il passaggio obbligato alle riforme così come proposte dal Governo. “Le attuali riforme, frettolosamente definite rivoluzionarie, contengono interventi inutili e di facciata e sono state realizzate attraverso lo strumento della decretazione d’urgenza, con modalità che violano i doveri di lealtà istituzionale quanto all’aspetto riguardante lo status dei magistrati e accompagnate da slogan propagandistici, che li indicano come causa dei ritardi e delle inefficienze”. I magistrati chiediamo che il Governo e il Legislatore “dimostrino la propria volontà di riformare davvero la giustizia, attraverso: interventi sugli organici, sulla riqualificazione e sulla formazione del personale amministrativo, ormai ridotto a livelli inferiori a quelli di minima funzionalità e gravato da crescenti responsabilità; forti interventi nel settore dell’organizzazione, con una stabile disciplina della magistratura onoraria e la piena realizzazione dell’ufficio del processo; un corretto processo di informatizzazione, che non cerchi di realizzare risparmi attraverso l’imposizione ai magistrati di compiti impropri e di un inaccettabile aggravio delle modalità di lavoro; hardware e software adeguati ed una rete efficiente; formazione qualificata e assistenza tempestiva, a sostegno del processo civile telematico e del nascente processo penale telematico; il completamento della riforma della geografia giudiziaria e degli organici; la realizzazione di condizioni di lavoro adeguate al decoro della giurisdizione, sia per i magistrati sia per tutti coloro che contribuiscono al servizio; interventi nel settore del processo civile, diretti a realizzare la semplificazione e l’uniformità dei riti; la riforma coraggiosa del processo penale, che vinca ogni resistenza conservatrice e promuova la semplificazione del rito, la salvaguardia delle garanzie reali e l’eliminazione di ogni inutile formalismo; la riforma urgente della prescrizione, che ne escluda il decorso almeno dopo la sentenza di primo grado, eliminando le storture di un sistema che vanifica anni di lavoro; il sollecito esercizio della delega già conferita al Governo nei settori della depenalizzazione, della non punibilità per tenuità del fatto, delle sanzioni e delle misure alternative; il rafforzamento degli strumenti di contrasto alla criminalità organizzata, alla criminalità economica e alla corruzione”. Il tutto si concretizza non certo in uno sgravio di oneri per i giudici, anzi “i magistrati non si sottraggono alla responsabilità che deriva dalla loro delicatissima funzione; ma chiedono che ciò avvenga nel pieno rispetto dei principi costituzionali di autonomia e indipendenza della giurisdizione. Dinanzi al rischio di azioni civili pretestuose, infatti, le parti di ogni giudizio correrebbero il rischio di trovarsi davanti ad una giustizia non più giusta, ma più innocua e più conformista. Non si può tollerare che l’esercizio della giurisdizione sia condizionato dalla minaccia permanente di sanzioni, specialmente dinanzi a carichi di lavoro elevatissimi e ormai intollerabili. Dunque, i magistrati respingono con forza il modello di magistrato burocrate, volto solo a ridurre il livello della propria esposizione, e sottolineano che l’efficienza non si ottiene minacciando sanzioni. A tal fine, sollecitano un regime della responsabilità e criteri di valutazione della professionalità che recuperino il concetto del limite, oltre il quale l’impossibile non può essere richiesto”.
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