Da alcuni giorni a questa parte, la Sicilia è tornata al centro delle cronache nazionali. Le prime pagine dei principali quotidiani sono infatti quasi interamente caratterizzate dagli ultimi aggiornamenti sulla morte del piccolo Loris. La vicenda è senz’altro drammatica e merita attenzione, come tutte quelle che riguardano i bambini. L’impressione, però, è che ogni volta che si ritiene che il rapimento o l’infanticidio sia avvenuto nell’ambito della cerchia parentale, la comprensibile sete di notizie lasci il posto a una curiosità morbosa. E’ il solito schema dello specchio capovolto: quanto più spregevole è il ritratto del cattivo di turno, tanto meglio ci sentiamo noi. E allora comincia la caccia al dettaglio scabroso, al precedente inquietante, al vicino di casa che aveva intuito qualcosa…L’emozione popolare per questo genere di vicende è diventato uno dei pochi valori condivisi di un Paese che cade a pezzi, ormai stremato da una crisi economica da cui non riesce a uscire e da una classe dirigente sempre più corrotta e inadeguata.
Tuttavia, da una comunità che si emoziona per le tristi storie di Loris, Denise Pipitone o per il delitto di Cogne, ci si aspetterebbe, per coerenza, un’analoga attenzione alle sorti di tutti i minori. E invece pochi sanno che il 13,8% dei bambini italiani – pari a oltre 1,4 milioni – vive in povertà assoluta, mentre gli investimenti per infanzia e famiglia rappresentano appena il 4,8% della spesa sociale. Ma raramente vediamo trasmissioni dedicate ai diritti dei minori, o amministratori che si impegnino su questo fronte. In uno dei suoi film più belli – “Gli anni in tasca” – Francois Truffaut fa dire al suo protagonista principale – uno straordinario maestro elementare – che nessuno si interessa dei bambini, semplicemente “perchè non votano”. Difficile dargli torto. Diceva De Gasperi: “Un politico guarda alle prossime elezioni. Uno statista guarda alla prossima generazione”. L’Italia è da tempo terra di politici, più che di statisti.
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