Riina, don Ciotti e la Chiesa che interferisce

Vincenzo Figlioli

Antimafia

Riina, don Ciotti e la Chiesa che interferisce

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martedì 02 Settembre 2014 - 09:22

Da due giorni si parla molto delle ultime dichiarazioni di Totò Riina riportate dagli organi di stampa. Quelle, per intenderci, che fanno riferimento a don Luigi Ciotti, che secondo il boss di Cosa Nostra meriterebbe di fare la fine padre Puglisi. A proposito di questa nuova sortita dello storico capomafia corleonese, sono diversi gli aspetti su cui vale la pena riflettere.

Anzitutto, ci si chiede come mai per anni si sia tentato di bloccare la comunicazione tra i boss detenuti nelle strutture di massima sicurezza e i loro sodali, mentre adesso giornali, portali, radio e tv riportano “urbi et orbi” i loro messaggi minacciosi come se nulla fosse. E’ una strada più utile per mettere in difficoltà Cosa Nostra? A dir la verità sembra più il frutto di una strategia destabilizzante, di cui si ignorano gli obiettivi.

Questo naturalmente non toglie valore al lavoro che Libera e don Luigi Ciotti stanno portando avanti da vent’anni , rendendosi protagonisti di battaglie storiche per il nostro paese. E’ logico che la mafia veda come il fumo negli occhi l’attività di Libera, per il lavoro di diffusione di una consapevole cultura legalitaria tra la società civile e le nuove generazioni e per l’impegno per il riutilizzo sociale dei beni confiscati. Ma c’è anche un altro fattore da non sottovalutare. L’omelia del cardinale Pappalardo dopo l’omicidio di Carlo Alberto della Chiesa (di cui domani ricorre il trentaduesimo anniversario), così come l’impegno di padre Puglisi (evocato proprio dalle ultime intercettazioni di Riina) e di don Luigi Ciotti o gli interventi di Giovanni Paolo II e di Papa Francesco costituiscono solo alcune istantanee dissonanti rispetto a un rapporto spesso simbiotico tra la Chiesa e Cosa Nostra. Fatto di inchini di statue di santi e madonne portate in processione davanti alle case dei boss, a loro volta puntuali finanziatori delle feste patronali e immancabili frequentatori di cappelle e parrocchie anche in prossimità dei più efferati omicidi.

Un rapporto in cui, nel nome dell’anticomunismo, venivano tollerati assassinii e prepotenze di vario genere e che si è trascinato senza grandi incrinature fino all’inizio degli anni Novanta. Contribuendo a ritardare la diffusione capillare di una cultura antimafiosa in Sicilia. Ora le cose sono in parte cambiate, la Chiesa ha cominciato a tacere meno e a interferire di più (per usare le ultime dichiarazioni di don Ciotti) e gente come Riina sa bene quanto le parole di un sacerdote possano ancora influire sul sentimento popolare, specialmente in alcune aree del paese. Proprio per questo,  al di là della solidarietà della società civile o del popolo del web, sarebbe importante se in questi giorni, tra gli altari di tutte le chiese italiane, risuonassero inequivocabili parole di sostegno a don Ciotti.

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