Nelle motivazioni della sentenza che assolve il senatore Antonio D’Alì, ex sottosegretario agli Interni di Forza Italia (ora transitato nel Nuovo Centro Destra), ad un certo punto troviamo scritto: “vi è la prova che Antonio D’Alì ha intrattenuto relazioni con l’associazione mafiosa fino agli anni ’90, e che ne abbia con certezza ricevuto l’appoggio elettorale in occasione delle prime consultazioni alle quali si è candidato, ossia quelle dell’anno 1994″. Il gup quindi ha dichiarato prescritte le accuse nei confronti del senatore per quel periodo, assolvendolo con formula piena per le accuse che riguardavano invece le sue condotte successive.
Secondo la giustizia italiana insomma il senatore D’Alì ha frequentato dei mafiosi fino al 1994, poi non più.
Questa notizia ha il sapore dell’evento storico perché D’Alì è, ad oggi, l’unico che può rispondere alla domanda che centinaia di commercianti e imprenditori che pagano il pizzo, pentiti di mafia, camere di commercio e associazioni di industriali, associazioni antimafia, giornalisti, politici nazionali e amministratori locali, presidenti di regione, dirigenti pubblici si fanno ormai da decine di anni:
Come si fa a rompere i rapporti con i mafiosi? E senza conseguenze?
Solo Andreotti fino ad oggi aveva la possibilità di rispondere a questa domanda. Andreotti non c’è più, ci resta D’Alì.
È per questo che lancio da questo mio piccolo spazio un accorato appello al senatore: dica come si fa, vada in giro per le scuole, per le camere di commercio, per le università e ci insegni il modo per rompere i rapporti con i mafiosi. Ci dica se esiste un metodo, come quello famoso usato contro il fumo da Allen Carr: “è facile smettere di fumare se sai come farlo!”. E se si, organizzi dei corsi. Magari partendo proprio da delle domande base come nelle lezioni che insegnano a smettere di fumare: come hai cominciato? Hai cominciato per emulazione? C’erano in famiglia le stesse abitudini? Hai cominciato per sentirti più accettato? Per sentirti più grande? ecc..
Dei corsi in cui ci faccia capire come funziona, come si rompono i rapporti con i mafiosi: se di botto oppure gradualmente. Ci faccia capire se, un po’ come per le sigarette, il rapporto con i mafiosi crea assuefazione e se questa dipendenza la crei l’ultimo contatto con l’ultimo picciotto, magari per la scarica di adrenalina, o se invece è tutto un processo di dipendenza psicologica dovuto ai gesti, ai silenzi, agli ammiccamenti, alla pungitina, alla paura o magari al profumo… che magari i picciotti fanno un buon profumo che prende alla testa e una volta sentito uno non ne puoi fare più a meno.
Sembrano domande stupide, ma a noi al massimo è capitato di rompere i rapporti con qualche giornalista antimafia, di quelli che se non la pensi esattamente come loro sei cattivo e ti tolgono il saluto … quindi, Senatore, capirà che con la mafia non sapremmo proprio da che parte cominciare …
E poi ci dica se se ne può uscire di colpo, da un giorno all’altro: uno ad un certo punto sparisce e si rende irreperibile. Oppure è consigliabile un percorso per gradi: prima non si risponde più al telefono, poi ci si fa negare dalla segretaria, poi si inventa sempre una scusa per non partecipare alle riunioni e nel frattempo, come palliativo, per non sentire la mancanza (naturalmente si parla sempre per ipotesi) ci si concede qualche piccolo abuso, come la bocciatura di un finanziamento a uno che se lo merita, o piccoli atti di bullismo, tipo chiudere Gasparri dentro i bagni del Senato…
Come vede, Senatore, abbiamo proprio bisogno che lei condivida quello che sa. Come ha fatto Allen Carr per le sigarette. Lui, Carr, ci ha fatto su i soldi, un vero business da milioni e credo che anche lei ci potrebbe guadagnare, e bene… e il ritorno sociale sarebbe altrettanto importante.
Spero accolga il mio appello: il titolo c’è ed è una bomba: “è facile smettere di frequentare mafiosi se sai come farlo!”.
Le assicuro: funzionerebbe …
p.s.: ma poi, funziona come per le sigarette che una volta smesso si tende ad ingrassare? … a guardare Cuffaro sembrerebbe di no …