Si chiama “La buona scuola. Facciamo crescere il Paese” il malloppo che Matteo Renzi sta valutando assieme al ministro Giannini per riformare il sistema scolastico. In realtà qualcuno potrebbe pensare ad una presa in giro e farebbe centro. Ma al di là di questo nulla è stato fatto, è tutto embrionale e non possiamo dirne male, fasciarci la testa prima che sia rotta. Le nuove linee guida prevedono, al momento solo a parole, la stabilizzazione dei precari, la valutazione degli insegnanti (ancora?), il poco chiaro inserimento di sponsor privati, l’apertura nei confronti delle scuole paritarie, gli organici funzionali, l’autonomia degli istituti, il rafforzamento dell’inglese nelle elementari (ribadisco, ancora?), il rafforzamento di stage scuola-lavoro. Magari se inserissero un buon piano per tagliare la spesa delle famiglie in libri scolastici e materiale non sarebbe male. Si parla tanto di crisi nel mondo del lavoro, di precarietà, ma non si tiene conto che gli stessi disoccupati, gli stessi precari sono quelli che mandano i figli a scuola e spendono in media 710 euro per la loro istruzione, ricorrendo a prestiti e indebitandosi. Secondo Findomestic, si spenderà 10 euro in più rispetto allo scorso anno. Intanto il Codacons ha annunciato che le Corti d’Appello di Torino e Trieste hanno condannato il Ministero dell’Istruzione a risarcire ad alcuni docenti precari la progressione economica e gli scatti di anzianità spettanti. Sembra che il Governo non faccia altro che fare collezione di condanne, sanzioni e violazioni. Come quella nei confronti di una direttiva comunitaria, la 1999/’70 (ed il relativo decreto che ne ha dato attuazione in Italia) che impone ai Paesi dell’UE di assumere tutti i lavoratori con almeno 36 anni di servizio. Sì, perché la docente Paola Dell’Armi, che lavora nel mondo della scuola proprio da 36 anni, è entrata di ruolo a 60 anni. E’ questo quello che attende le generazioni di ieri, di oggi e di domani? E non siamo neanche in un nostalgico film di Vittorio De Sica…
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