E’ proseguito ieri il processo scaturito dall’operazione antimafia The Witness relativa al marzo del 2015. Dovevano essere ascoltati due testi chiamati a deporre dalla difesa. Si è ritenuto però opportuno acquisirne le dichiarazioni rese al pm. L’udienza è stata poi aggiornata dal presidente Sergio Gulotta, al prossimo 21 di marzo. Un fatto importante si è però registrato quando nell’udienza di ieri, il presidente ha comunicato di avere accettato una precedente richiesta del pubblico ministero della Dda, Carlo Marzella. Si tratta dell’acquisizione di una dichiarazione resa al Pm dal boss di mafia Francesco De Vita. Il marsalese, attualmente recluso e che deve scontare la pena dell’ergastolo, in un primo momento si era pentito e aveva rilasciato delle dichiarazioni. Successivamente aveva informato il Pubblico Ministero la smentita delle proprie dichiarazioni, rinunciando in pratica al suo status di pentito. Più volte la Dda aveva chiesto che le dichiarazioni di Francesco De Vita venissero acquisite agli atti del processo che vede imputati, tra gli altri, anche il capomafia marsalese Antonino Bonafede che nelle scorse udienze era stato è stato l’unico tra gli imputati a rispondere alle domande di giudici e pm. “Non sono mai stato affiliato a Cosa Nostra” – aveva affermato -. Per i magistrati della Dda, Antonino Bonafede, avrebbe “ereditato” la guida della famiglia mafiosa di Marsala dal figlio Natale, che si trova all’ergastolo dal gennaio 2003. Sotto processo sono pure Martino Pipitone, di 65, ex impiegato di banca in pensione, anche lui in passato già arrestato per mafia, e il 54enne pastore incensurato Vincenzo Giappone. Dei tre, solo Pipitone, accusato anche di intestazione fittizia di una società ad altra persona, è tornato in libertà. Secondo l’accusa, il nuovo anziano “reggente”, assieme a Giappone “provvedeva alla raccolta del denaro provento di attività illecite, che poi avrebbe dato al mandamento mafioso di Mazara e ai familiari di affiliati detenuti”. Giappone sarebbe stato il cassiere della “famiglia” e il “primo collaboratore”di Bonafede senior. Legali degli imputati sono Paolo Paladino, Stefano Venuti, Stefano Pellegrino e Vito Cimiotta.
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