E’ proseguito oggi, con la deposizione dei testi della difesa, il processo scaturito dall’operazione antimafia The Witness relativa al marzo del 2015. Sono stati ascoltati 4 testimoni citati dai difensori di Martino Pipitone, imputato anche del reato di “intestazione fittizia”. I testi erano citati dall’avvocato Stefano Pellegrino. Un consulente e un fiscalista, Luca Indelicato e Baldassare Ferro, hanno dichiarato che quando fu costituita la ditta di commercio all’ingrosso di materiale ferroso che per l’accusa era in realtà dell’imputato ebbero a che fare “solo con i coniugi Sebastiano Angileri e Vita Maria Accardi”, già condannati con rito abbreviato dal gup di Palermo, che per loro ha comunque escluso l’aggravante di attività in favore della mafia. Due clienti, Cordio e Altomonte, hanno poi riferito che Pipitone “era magazziniere addetto alle vendite”. L’udienza è stata poi aggiornata dal presidente Sergio Gulotta al prossimo 7 del mese di marzo. Nel udienza precedente il capomafia marsalese Antonino Bonafede è stato l’unico tra gli imputati che ha risposto alle domande di giudici e pm. “Non sono mai stato affiliato a Cosa Nostra” – aveva affermato -”. In riferimento poi alle dichiarazioni due pentiti di mafia palermitani Briguglio e Pulizzi, che hanno raccontato di avere incontrato “due volte” l’ottantenne “uomo d’onore” marsalese, su incarico del boss Lo Piccolo, al fine di riorganizzare, come sostenuto dall’accusa, la locale cosca mafiosa. Bonafede aveva affermato di avere incontrato una volta i due e per caso. “Sono stati loro a cercarmi e a fermarmi per strada – ha detto Bonafede in Aula -. Mi hanno detto che li mandava Lo Piccolo per riorganizzare la famiglia, ma io ho risposto che non ero interessato. In carcere avevo conosciuto Calogero Lo Piccolo, ma poi non ho avuto con lui più alcun rapporto”. Per i magistrati della Dda, presente il pm della Dda Carlo Marzella, Antonino Bonafede, avrebbe “ereditato” la guida della famiglia mafiosa di Marsala dal figlio Natale, che si trova all’ergastolo dal gennaio 2003. Sotto processo sono pure Martino Pipitone, di 65, ex impiegato di banca in pensione, anche lui in passato già arrestato per mafia, e il 54enne pastore incensurato Vincenzo Giappone. Dei tre, solo Pipitone, accusato anche di intestazione fittizia di una società ad altra persona, è tornato in libertà. Secondo l’accusa, il nuovo anziano “reggente”, assieme a Giappone “provvedeva alla raccolta del denaro provento di attività illecite, che poi avrebbe dato al “mandamento mafioso” di Mazara e ai familiari di affiliati detenuti. Giappone sarebbe stato il cassiere della “famiglia” e il “primo collaboratore”di Bonafede senior. Legali degli imputati sono Paolo Paladino, Stefano Venuti, Stefano Pellegrino e Vito Cimiotta.
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