Un’altra vicenda giudiziaria scuote la politica siciliana e torna a mettere nei guai il leader della DC Totò Cuffaro. Con lui nel mirino della Procura, anche Saverio Romano, coordinatore di Noi Moderati dal 2023 ed ex ministro dell’Agricoltura. Una lunga sfilza di indagati nell’inchiesta che vede una serie di nomine soprattutto nell’ambito della sanità e non solo, che vede appalti truccati – come quelli a Villa Sofia -, corruzione e una vera e propria associazione a delinquere.
Secondo la Procura di Palermo, Totò Cuffaro, anche ex presidente della Regione Siciliana, sarebbe stato al centro di un sistema organizzato che avrebbe gestito, in modo illecito, nomine e appalti pubblici. Per lui e per altre 17 persone, indagate a vario titolo per associazione a delinquere, corruzione e turbativa d’asta, i pubblici ministeri hanno chiesto l’applicazione della misura cautelare degli arresti domiciliari. Gli inquirenti sostengono che l’ex governatore avrebbe sfruttato “l’influenza derivante dalla sua lunga carriera politica e dai ruoli ricoperti in passato“ all’interno dell’amministrazione regionale, mettendo a disposizione una fitta rete di contatti per orientare concorsi pubblici, gare d’appalto e procedure amministrative. L’obiettivo, secondo l’accusa, sarebbe stato quello di favorire imprenditori a lui vicini, garantendo loro vantaggi e, al tempo stesso, consolidando il proprio consenso politico.
La Procura parla di un vero e proprio comitato d’affari occulto, capace di “infiltrarsi e incidere sulle attività di indirizzo politico-amministrativo della Regione Siciliana” e di “convogliare consenso elettorale su scala ampia”. Cuffaro, secondo gli inquirenti, avrebbe avuto un ruolo di vertice, impartendo direttive ai coindagati, mediando con rappresentanti di enti e imprese coinvolte negli accordi corruttivi e definendo l’entità dei vantaggi illeciti. Al centro di questo presunto sistema sarebbero finite le nomine di dirigenti e funzionari negli enti e negli uffici regionali più strategici, in particolare nei settori della sanità, degli appalti e delle opere pubbliche. Un meccanismo che, secondo la ricostruzione accusatoria, avrebbe permesso di condizionare in modo stabile le scelte amministrative della Regione.
Dalle mani di Totò Cuffaro sarebbero passati i soldi di una tangente destinata ad un altro indagato: il direttore generale Giovanni Giuseppe Tomasino avrebbe favorito le imprese segnalate dall’associazione a delinquere capeggiata, secondo l’accusa, da Cuffaro. Il capitolo dell’inchiesta riguarda la gestione del Consorzio di bonifica della Sicilia occidentale. Le imprese “sponsorizzate” sarebbero state quelle rappresentate e sostenute dall’imprenditore agrigentino Alessandro Vetro