Chi guardava all’emergenza migrati nel sud Italia e si scandalizzava, chi esternava emergenza, situazioni di sovraffollamento nelle nostre città, che “qui non mangiamo noi, figuriamoci loro”, non può capire cosa sta accadendo in queste ore nell’Est Europa. Flussi continui dai Balcani stanno attraversando la Serbia, la Croazia, per spostarsi in Ungheria e raggiungere le vicine Austria, Germania e i paesi Scandinavi. Lì non si muore solo in mare, lì si muore schiacciati tra orde di uomini e donne in fuga da regimi, fame, povertà. Da quando la Macedonia ha aperto i suoi confini, non ci hanno pensato due volte. Come delle porte che si spalancano per uscire fuori e correre al sole. Ma a Tovarnik in queste ore non c’è il sole, ma solo migranti che tentano di sfondare il cordone militare. Gli agenti non riescono a fermarli e aiutano a far passare oltre alla meno peggio i soggetti deboli come donne, anziani e bambini. Un esodo con pochi precedenti. L’Unione Europea si è accorta del problema solo quando questo si è presentato alle porte dei suoi colossi che ora cercano una soluzione, che poi sarebbe quella di “spartirsi” i blocchi di migranti. Almeno è questo il tentativo “democratico” della Germania. Democratico perchè quanto meno c’è un’apertura al dialogo che invece non c’è in Ungheria. Il paese guidato da Viktor Orban, ha dapprima creato un muro umano di militari ma, visti gli scarsi risultati, ha pensato bene di costruire una recinzione al confine serbo ed un muro di cinta al confine croato. Questo sarà lungo 41 chilometri, circa la distanza Marsala-Trapani per intenderci; e pensate che il Muro di Berlino aveva una lunghezza di 106 chilometri. Una storia che inesorabilmente si ripete. L’emergenza va sì prima affrontata, ma dopo va risolta a monte. I Balcani hanno vissuto storie di dittature che, nonostante gli ingressi in Europa, ha lasciato strascichi sino ad oggi. La guerra in Kosovo – e dove la tregua è servita solo ad ergere barricate – sta facendo pagare un alto prezzo al proprio popolo in una delle economie più sottosviluppate d’Europa. Una casa segnata dalle crepe non ha solide fondamenta. E’ sempre a monte il problema ed è sempre e solo una questione economica a scatenare guerre, totalitarismi, conquiste ed esodi. E per questo non c’è mai stata soluzione. Augusto Daolio, voce storica dei Nomadi, nel 1993 cantava: “Ora il mondo è cambiato, la gente ci passa in quel posto, ma se guardo per terra in mezzo a quei sassi c’è ancora una pietra che porta una storia”. Chissà cosa penserebbe oggi Daolio; probabilmente che quel muro di cemento, indifferenza, paura e vergogna, esiste ancora. Poco lontano da Berlino Est.
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