Rapporto mafia e appalti, indagato anche l’ex procuratore di Palermo Giuseppe Pignatone

redazione

Rapporto mafia e appalti, indagato anche l’ex procuratore di Palermo Giuseppe Pignatone

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mercoledì 31 Luglio 2024 - 17:00

Non solo Natoli. Anche un altro magistrato che ha legato la sua vita alla lotta alla mafia finisce coinvolto nelle indagini della Procura di Caltanissetta per il presunto insabbiamento del rapporto mafia e appalti, prodotto dai Carabinieri tra la fine degli anni ’80 e l’inizio degli anni ’90. Si tratta di Giuseppe Pignatone, ex procuratore aggiunto di Palermo, procuratore di Reggio Calabria e di Roma e oggi presidente del tribunale della Città del Vaticano. 

Secondo il pool coordinato dal procuratore Salvatore De Luca, Pignatone, Pignatone avrebbe avuto un ruolo nell’insabbiamento dell’inchiesta insieme con il procuratore Pietro Giammanco, deceduto nel 2018, con il magistrato Gioacchino Natoli e con il capitano della Guardia di Finanza, oggi generale, Stefano Screpanti. Di conseguenza, è indagato per favoreggiamento alla mafia, così come Natoli e Screpanti.

“Ho dichiarato la mia innocenza in ordine al reato di favoreggiamento aggravato ipotizzato. Mi riprometto di contribuire, nei limiti delle mie possibilità, allo sforzo investigativo della Procura di Caltanissetta”, ha detto all’Ansa al termine dell’interogatiorio. Natoli, lo scorso 5 luglio, si è avvalso della facoltà di non rispondere, mentre Screpanti ha respinto tutte le accuse.

Per “mafia e appalti” si intende il rapporto giudiziario che venne depositato dai carabinieri del Ros alla Procura di Palermo il 20 febbraio 1991 sulla “mafia imprenditrice” la quale, invece di imporre il pagamento di tangenti estorsive agli imprenditori, era diventata essa stessa imprenditrice con società riferibili ad appartenenti a Cosa nostra. Nel rapporto del Ros si affrontava soltanto la prima fase, quella della aggiudicazione delle commesse pubbliche, attorno ad un tavolo denominato “tavolo di Siino”, da Angelo Siino, poi diventato collaboratore di giustizia e definito il “ministro dei lavori pubblici” di Cosa Nostra ma, più precisamente, dei corleonesi. Sul rapporto “mafia e appalti” si era soffermato anche Paolo Borsellino, poco prima della sua uccisione, nell’ambito della Strage di via D’Amelio.

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