Si presenta, si nasconde, poi si ripropone improvvisamente. La questione morale è un tema che accompagna la competizione politica da diversi decenni. Imposta sul dibattito nazionale all’inizio degli anni ’80 da Enrico Berlinguer con autorevolezza, nel tempo ha mutato forma, finendo spesso per essere strumentalizzata da una parte o l’altra, a seconda delle convenienze. Chi scrive è convinto, da sempre, che il tema della legalità debba essere centrale all’interno di un programma politico-amministrativo, a maggior ragione in provincia di Trapani, un territorio che continua ad essere considerato “lo zoccolo duro di Cosa Nostra in Sicilia”. Non a caso, qui – verosimilmente – continua a nascondersi il latitante Matteo Messina Denaro e periodicamente la magistratura e le forze dell’ordine arrestano i componenti della sua rete di connivenze.
Al di là della mafia tradizionale, poi, c’è quella terra di mezzo in cui le varie frange che gestiscono il potere si incontrano: poco più di un anno fa, le inchieste “Scrigno” e “Artemisia” ci hanno raccontato ancora una volta di incontri, accordi e strette di mano tra capimafia e politici, di disegni inconfessabili che alimentavano reti clientelari e posizioni di supremazia, in spregio di qualsiasi principio meritocratico.
Come se non bastasse la mafia, c’è poi la piaga della corruzione, che nel tempo è diventata una sorta di metastasi nella vita civile italiana. Tra le altre cose, ne abbiamo avuto recente dimostrazione da queste parti anche nel mondo della sanità siciliana, travolto appena due mesi fa dall’inchiesta che ha portato in carcere l’ex direttore generale dell’Asp di Trapani Fabio Damiani e il commissario regionale per l’emergenza Covid Antonio Candela. Nelle settimane successive al lockdown, le più recenti inchieste hanno toccato – in misura diversa – i sindaci di tre Comuni del territorio (Castellammare del Golfo, Paceco ed Erice) che dovranno chiarire le rispettive posizioni davanti alla magistratura e alle rispettive comunità, nell’auspicio che non si consumi l’ennesima sospensione della democrazia con l’invio di ispettori o commissari prefettizi da parte del Ministero dell’Interno.
La sensazione è che, ancora una volta, il tappo sia saltato e che le prossime settimane possano portare ad ulteriori rivelazioni. E mentre Marsala si prepara alle amministrative di ottobre, non ci sentiamo di escludere che anche intorno a Capo Boeo le scintille di questi giorni possano trasformarsi in un rogo più ampio. Le dichiarazioni del sindaco Alberto Di Girolamo di queste ore stanno alimentando riflessioni e interrogativi su cui sarebbe bene condurre approfondimenti specifici, mentre resta sullo sfondo la questione dei servizi sociali in città, oggetto di una Commissione d’Inchiesta in Consiglio comunale, ma anche di un’attività mirata di indagine da parte delle forze dell’ordine e della magistratura lilybetana. Nel mondo ideale, le campagne elettorali dovrebbero basarsi su un confronto di ampio respiro sulla costruzione delle città del futuro. Ma il nostro microcosmo è ben lontano dal mondo ideale. E le legittime aspirazioni di sviluppo e modernizzazione che la città coltiva devono necessariamente inserirsi entro un percorso di legalità coerente e costante, su cui non possiamo consentirci di abbassare la guardia.