La febbre delle mamme (e quella dei papà…)

Michela Albertini

MammAvventura

La febbre delle mamme (e quella dei papà…)

Condividi su:

mercoledì 10 Dicembre 2025 - 07:00

Una settimana fa, in coincidenza con la seconda influenza stagionale di mia figlia, avrei scritto un elogio alla febbre. Per i momenti di focolare familiare, per le coccole sotto le coperte, il camino acceso, le linguine di passerotto e i film di Natale. Oggi, invece, scrivo della mia di influenza che sembra meno piacevole, almeno per me.
La febbre delle mamme, infatti, è diversa (rispetto a quella dei papà, ovvio). La mamma con una temperatura corporea di 38 gradi centigradi rimane operativa. Sveglia i figli per andare a scuola, prepara le merende, li invita ripetutamente a lavarsi e vestirsi, grida (nonostante le placche alla gola) una decina di volte “i dentiiiii, lavatevi i denti”. Se e quando prova a riposare, la mamma ammalata pensa a quel mucchio di vestiti accanto la lavatrice, che diventa sempre più grande in lunghezza e larghezza. Pensa ai piatti sporchi che nessuno si degnerà di lavare. Pensa alla lettiera del gatto e al cattivo odore sparso in giro per casa.
La febbre della mamma non è una vera febbre e il riposo non è un vero riposo. Se finisce bene, trovi un’anima pia che prepara una pastina calda con il brodo vegetale confezionato, dimenticandosi del sale. Se finisce male, ti arrangi come meglio puoi, tra un digiuno (non troppo intermittente) e l’altro.
Allo stesso modo, la febbre del papà non è una vera febbre, tranne che una temperatura di 36,9 non possa definirsi tale. Ma il riposo, quello sì che è reale. Il papà ammalato dorme h24, mostra segni di delirio, disorientamento, difficoltà di concentrazione, alterazioni della coscienza e del pensiero, videochiama la mamma una trentina di volte al giorno per aggiornarla sulle sue condizioni di vita, cammina in giro per casa con un piumone in testa, per spostarsi esclusivamente dal letto al divano e viceversa. Il riposo è totale, immersivo, a luci spente. Nessuno deve urlare, nessuno deve emettere un respiro diverso dal suo. Tutti i familiari devono prontamente collaborare alla riuscita della sua guarigione. Chi fa disegni con tanto di scritta “guarisci presto” che manco fosse in fin di vita. Chi affetta un’arancia con zucchero e vitamina C. Chi prepara latte bollente con il miele. Tutte le attività facoltative vengono sospese, senza alcuna motivazione precisa. Per quelle obbligatorie, ovviamente, ci pensa la mamma che gira come una trottola tra scuola, supermercato, farmacia, passa dal via e ricomincia da capo.
E, dunque, se c’è una cosa che ho capito (ma non da ora, eh!) è che io da grande vorrei fare il papà. Anche ammalato, ma ancora meglio sano. Che, pensa te, non soffre durante il parto, non tira latte da due tette flosce come due pandori accidentalmente inzuppati d’acqua, lavora tutto il giorno e recepisce persino gli straordinari, guadagna il doppio e, la maggiorparte delle volte, lavora la metà.
Cliché antichi e pregiudizi noti, direte voi. Vero, come darvi torto. Ma per convincervi del contrario avrei bisogno di tempo e, invece, mentre il termometro segna 39, devo correre a ritirare le lenzuola stese chè, ovviamente, fuori piove e loro gocciolano allegramente sul balcone della vicina del quarto piano. E a quel punto sarebbero organi genitali (femminili) amari, per non dire altro.

Condividi su:

0 commenti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.

Commenta