L’impianto accusatorio che aveva portato all’esecuzione delle misure cautelari nell’inchiesta che coinvolge l’ex presidente della Regione Sicilia, Totò Cuffaro, viene in parte ridimensionato anche se ai domiciliari. Dopo gli interrogatori degli indagati, il Gip di Palermo ha rivisto le contestazioni, eliminando il reato di associazione per delinquere, mantenendo invece l’accusa di corruzione e riqualificando la turbativa d’asta in traffico d’influenze illecite. Secondo il giudice, pur riconoscendo l’esistenza di quello che la Procura definisce un “metodo Cuffaro” nella gestione dei rapporti con pubblici ufficiali e figure della sanità, non emergono gli elementi indispensabili per sostenere l’esistenza di un’organizzazione stabile e strutturata, come richiesto dall’art. 416.
La Procura aveva individuato un presunto “cerchio magico” composto da Cuffaro — indicato come figura apicale — da Carmelo Pace, descritto come intermediario tra privati e funzionari pubblici, e da Vito Raso e Giuseppe Abbonato, considerati semplici partecipi. Tuttavia, per il Gip non vi sono prove sufficienti dell’esistenza di una struttura organizzata con risorse e mezzi dedicati alla commissione di reati contro la Pubblica amministrazione. Il giudice sottolinea come la consapevolezza condivisa delle dinamiche adottate da Cuffaro per ottenere favori da pubblici ufficiali non sia sufficiente per configurare un sodalizio criminale. Mancano, infatti, elementi quali la pianificazione comune delle procedure, l’intercambiabilità dei ruoli e il riconoscimento esterno del gruppo come entità organizzata: tutti tratti fondamentali per sostenere l’accusa associativa. Per di più gli 80mila euro trovati in casa dell’ex leader della DC sono stati restituiti anche se trovati suddivisi in banconote di vario tipo.
Nell’ordinanza che aveva disposto i domiciliari per Cuffaro, per il manager sanitario Roberto Colletti e per il primario Antonio Iacono, il Gip ha invece confermato altre misure: l’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria per Vito Raso, considerato il braccio destro dell’ex governatore, e per Mauro Marchese e Marco Dammone, ex referenti della Dussmann Service. L’azienda, attiva nei servizi all’interno delle strutture ospedaliere, ha ribadito anche ieri la propria estraneità ai fatti e di aver interrotto ogni rapporto con i soggetti coinvolti.