Educare all’amore, non alla paura

Claudia Marchetti

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Educare all’amore, non alla paura

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venerdì 31 Ottobre 2025 - 06:30

C’è qualcosa di profondamente stonato nel pensare che parlare di affettività e sessualità a scuola sia pericoloso. L’approvazione dell’emendamento che vieta di affrontare questi temi fino alle scuole superiori – e solo con l’autorizzazione dei genitori – non è una misura di tutela, ma un passo indietro di decenni. È l’ennesimo segnale di una politica che si piega ai moralismi, dimenticando la realtà dei ragazzi di oggi, bombardati da modelli distorti, ipersessualizzati e privi di qualsiasi forma di rispetto o consapevolezza. Chi ha davvero paura dell’educazione sessuale? Forse chi la confonde con l’istigazione al sesso precoce. Ma l’educazione sessuo-affettiva non insegna a “fare sesso”: insegna a conoscere il proprio corpo, a rispettare quello dell’altro, a capire i confini, il consenso, l’amore, la libertà. Toglierla dalle scuole significa lasciare che siano TikTok, YouPorn e la rete a formare le generazioni future. È un modo elegante per lavarsi le mani della responsabilità educativa, fingendo che il silenzio protegga l’innocenza.

Lo aveva detto Gino Cecchettin, il padre di Giulia: bisogna cominciare presto, quando i ragazzi imparano cosa significa amare e rispettare. Aspettare le superiori è già troppo tardi: la violenza nasce molto prima, nei comportamenti quotidiani, nei linguaggi, nei non detti. Eppure c’è chi, come il medico pediatra Luciano Leone del Movimento ProLife, rivendica il diritto dei genitori a educare in solitudine i propri figli, temendo derive “sessualizzanti”. Ma il problema non è l’educazione, è la mancanza di educazione. I tabù non preservano l’infanzia, la deformano: generano vergogna, ignoranza, paura del corpo e dell’altro. E la paura è spesso l’anticamera della violenza. L’Italia rischia di diventare un Paese che arretra, che preferisce l’omertà all’informazione, la morale alla conoscenza. Perché conoscere se stessi è il primo passo per rispettare gli altri. Vietarlo è come spegnere la luce e poi lamentarsi del buio. Forse è ora di smettere di chiamarla “educazione sessuale”. Dovremmo chiamarla per ciò che è davvero: educazione all’amore, al rispetto, alla libertà. Perché senza questa, non ci sarà mai civiltà, solo paura travestita da pudore.

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