Il territorio di Paceco è stato abitato fin dal Paleolitico e Neolitico, come dimostrano i numerosi reperti archeologici rinvenuti nelle zone di Sciarotta e Malummèri. Queste contrade, ricche di grotte e strettoie rocciose, hanno restituito utensili litici in selce e frammenti ceramici appartenenti alla cultura di Stentinello.
Età classica e medioevo
Numerose tracce testimoniano una continuità di insediamenti anche in età romana e bizantina. Nell’area del Timpone Castellaccio, indagini di superficie hanno rivelato le fondamenta di un fortilizio bizantino, poi trasformato in manzil arabo e distrutto nel 1314 durante l’assedio di Trapani ad opera delle truppe angioine. Nel territorio, in località come Cipponeri, sono stati rinvenuti anche resti di masserie di epoca tardo-romana. Tra i reperti di maggior pregio si segnala una statuetta in terracotta del dio Bes, conservata presso il Museo Pepoli di Trapani. L’eredità araba è testimoniata da toponimi come Misiligiafari (dal nome dell’emiro Giafar) e Nubia (da nwb, oro), e da un sistema agricolo e di irrigazione che ha influenzato profondamente il paesaggio locale.
La nascita della città moderna
Il primo nucleo abitativo di quello che diventerà Paceco si formò tra il XIV e il XV secolo intorno alla chiesa di San Lorenzo di Xitta, appartenente all’Ordine di Malta. Nel 1607, il re di Sicilia Filippo III di Spagna concesse al marchese Placido Fardella la licentia aedificandi et populandi. Il nuovo centro fu intitolato “Pacheco”, in omaggio alla moglie di Placido, Maria Pacheco, nipote del Viceré di Sicilia, il Marchese di Villena. Il nome si evolverà presto in “Paceco”. Tuttavia, la tradizione popolare offre un’altra origine al nome: un gruppo di nomadi, trovata finalmente la pace nel territorio, avrebbe esclamato: “A paci cca si godi”, da cui sarebbe nato il termine dialettale “Paceca”, ancora oggi usato affettuosamente dai locali. Paceco, secondo la tradizione, fu progettata dal monaco spagnolo Sabellos, lo stesso che contribuì all’urbanizzazione di alcuni quartieri di Madrid. La pianta urbana, ordinata e squadrata, riflette un’idea razionale di città ideale. La famiglia Fardella, marchesi di San Lorenzo, fu la promotrice dello sviluppo urbano e sociale del paese. Successivamente, agli inizi del XVIII secolo, il titolo di Principi di Paceco passò ai Sanseverino di Bisignano, eredi dei Fardella.
Monumenti, luoghi di culto e… saline
La Chiesa Madre, dedicata a Santa Caterina d’Alessandria, fu fondata nel 1623 e ristrutturata a metà del XVIII secolo su progetto dell’architetto G. B. Amico. L’interno a navata unica custodisce stucchi barocchi e pregevoli pale d’altare di scuola napoletana. Notevole è anche la Chiesa di Maria SS. del Rosario, con la cripta delle mummie, in cui riposano i confratelli dell’omonima confraternita. Sulla costa di Nubia si erge infine una torre di avvistamento cinquecentesca, ristrutturata nel 1585 da Camillo Camilliani e parte integrante del sistema difensivo costiero siciliano. Paceco ospita parte della Riserva Naturale Orientata delle Saline di Trapani e Paceco, istituita nel 1995 e gestita dal WWF. Questo ecosistema unico è un’importante zona di protezione speciale (ZPS) per l’avifauna migratoria. L’ambiente salmastro ospita specie vegetali rare e offre panorami suggestivi con mulini a vento, cumuli di sale e antichi bagli. La riserva è anche un Sito di Interesse Comunitario (SIC) e conserva un prezioso equilibrio tra ambiente, economia e storia locale.
Tradizioni popolari, religiose e culturali
A Paceco e nella frazione di Dattilo, si celebra ogni anno il suggestivo rito de “U’mmìtu di San Giuseppe”, un banchetto rituale con oltre 100 portate, offerto simbolicamente alla Sacra Famiglia. L’altare, decorato con pani votivi e piante aromatiche, rappresenta uno dei momenti più sentiti del calendario religioso locale. Tra le personalità pacecote più note si ricorda Mino Blunda, autore teatrale e radiodrammaturgo del XX secolo, profondo conoscitore della cultura siciliana.
Agricoltura, gastronomia e sapori locali
Il fertile territorio di Paceco è famoso per le sue coltivazioni: vigneti, uliveti, pomodori pizzutelli, meloni d’inverno e, soprattutto, per l’aglio rosso di Nubia, coltivato secondo antiche tecniche. L’aglio è protagonista del celebre pesto alla trapanese, condito a crudo su pasta fresca. Tra i piatti tradizionali:
- Zuppa d’aglio con pane raffermo e pomodori
- Ciciri a brurettu (ceci in brodo)
- Salsicce pasqualore
- Limuni cunsatu
- I famosi e giganteschi cannoli di Dattilo, autentica delizia siciliana.