Il nome Partanna affonda le radici nell’arabo “Barthamnah”, riportato per la prima volta nel 988 dal geografo Abdalla al Muqaddasi, detto anche Ibn al Banna (il “figlio dell’architetto”). L’etimologia potrebbe però avere diverse interpretazioni e derivare da “Barr” (terra) e “Thamnah” (sicura), a indicare una “terra sicura”, forse in continuità con un antico castello greco poi espugnato dai Romani. Posto su un’altura a circa 400 metri sul livello del mare, il borgo si sviluppa tra uliveti, agrumeti e vigne del trapanese.
Le origini arabe
Il suo “casale” fu conquistato dal Conte Ruggero nel XI secolo, ma la storia documentata inizia davvero con l’arrivo dei Graffeo, che ne detennero la signoria dal XII secolo fino all’abolizione del feudalesimo nel 1812. Nel 1139 furono investiti del titolo di baroni e nel 1655 diventarono principi. Durante la dominazione aragonese i Graffeo si trasferirono definitivamente a Partanna, contribuendo alla crescita urbana e al decoro della città. Restaurarono la Chiesa di San Nicolò, bonificarono edifici fatiscenti e stimolarono lo sviluppo demografico. Nel 1400 il borgo fu elevato a “terra con castello”. Sebbene esclusa dal Rinascimento economico, Partanna superò momenti difficili nel XVII secolo grazie all’intervento dei suoi principi, che evitarono rivolte come quella del 1647. La città si distinse poi durante il Risorgimento nei moti del 1848, nella spedizione dei Mille del 1860 e nel Movimento dei Fasci dei lavoratori nel 1892.
Il Castello Grifeo: simbolo di resistenza e memoria
A dominare il paese è il Castello Grifeo, sentinella tra le valli del Modione e del Belìce. Nato su un casale arabo fortificato, ha resistito anche al terremoto del 1968, diventando simbolo della rinascita. A pianta rettangolare e con un cortile interno, conserva sulla facciata lo stemma marmoreo dei Grifeo, scolpito nel 1468 da Francesco Laurana. Dal 2007 ospita il Museo Regionale di Preistoria del Belìce. Le sale custodiscono reperti dal Paleolitico alla tarda età del Bronzo: vasi nello stile “Partanna-Naro”, utensili e un cranio trapanato del III millennio a.C., ritrovato in una grotta nel 1988. Altro importante ritrovamento è il villaggio palafitticolo emerso nel 1998 sotto l’attuale Ufficio Tecnico Comunale. I sotterranei del castello sono un capitolo a parte: cunicoli scavati nella pietra, una grande cisterna forse collegata al mare, un antico frantoio, una cantina con botti secolari e persino un “nevaio”, ghiacciaia naturale per conservare cibo e neve per le granite. Il salone del trono è oggi pinacoteca: custodisce la “Madonna del Rosario” del pittore fiammingo Simone de Vobrek (1585) e un affresco sulla cacciata dei Mori da Mazara da parte del Gran Conte Ruggero, con l’alleato Giovanni I Graffeo. Due opere d’arte del XVIII secolo, conservate nella Chiesa del Carmelo, attendono restauro: l’“Incoronazione della Vergine” attribuita a Vito D’Anna e il “San Benedetto con Madonna e Redentore”, entrambe oggetto di una raccolta fondi attraverso eventi culturali.
Vocazione agricola e rinascita dopo il sisma del ’68
Intorno a Partanna, la terra rossa dà vita a uliveti, vigne, carciofi, agrumi e alla pregiata Cipudda Partannisa, cipolla rossa dalla forma schiacciata. L’olio extravergine Crescenti, prodotto dalla famiglia De Gennaro con cultivar Nocellara del Belìce, è uno dei fiori all’occhiello della produzione locale. Accanto a questa tradizione, però, si stagliano all’orizzonte ettari di pannelli fotovoltaici, nuova risorsa economica del territorio. Non lontano dal centro, i resti della Torre di Biggini testimoniano un passato di inquisizione: nel XVI secolo ospitò una sezione della Santa Inquisizione all’interno di un convento gesuita. La zona è ricca d’acqua, come dimostra l’antico acquedotto fatto costruire nel Cinquecento da Carlo d’Aragona e l’affascinante Vasca Selinuntina, cisterna in pietra legata ai misteriosi cunicoli sotterranei del Castello Grifeo, riscoperta dall’archeologo Antonino Salinas nel 1882.Il terremoto del 1968 fu una ferita profonda, ma Partanna ha saputo rialzarsi: la Chiesa Madre (XVI sec.), tra i maggiori esempi del barocco trapanese, è tornata al culto dopo restauri complessi. Oggi, tra scavi, musei e manifestazioni culturali, questa antica “terra sicura” guarda al futuro, forte delle sue radici e della passione dei suoi abitanti.