Vita: la città fondata dal barone Sicomo e la siccità combattuta coi “nivieri”

redazione

Vita: la città fondata dal barone Sicomo e la siccità combattuta coi “nivieri”

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domenica 10 Agosto 2025 - 07:00

Nel cuore della provincia di Trapani, tra i rilievi che separano Salemi da Calatafimi Segesta, sorge Vita, un piccolo comune siciliano con poco più di 1.700 abitanti, la cui storia affonda le radici nei primi anni del XVII secolo. Fu il barone Vito Sicomo a fondare questo borgo nel 1607, lasciandogli un’eredità visibile fin dal nome stesso: “Vita”, appunto, in omaggio al suo fondatore. La nuova comunità sorse attorno al primo nucleo edilizio e spirituale del paese: la Chiesa di San Francesco d’Assisi, edificata nel 1619 dallo stesso barone. Come per altri comuni limitrofi, Vita fu abitata dagli elimi, prova ne è il vicino sito archeologico di Segesta.

Vita e la particolare storia dei “nivieri”

E’ in particolare sul Monte Baronia che sono stati ritrovati i cosiddetti “nivieri”. Cosa sono? Precisamente delle grandi costruzioni a forma di cono rovesciato, di grandi dimensioni, in cui veniva ammassa la neve nei periodi più rigidi, essendo Vita un comune dell’entroterra trapanese. Poi questa neve veniva termicamente sostenuta da strati di paglia e terra che impedivano ai blocchi di sciogliersi per mesi, favorendo talune tipologie di attività commerciali e fornendo cospicue risorse idriche in estate per gli uomini e gli armenti. Oggi, con la siccità che la Sicilia e la Provincia di Trapani sta vivendo, ne avremmo veramente di bisogno.

Baronia

Lo stemma: un racconto araldico tra potere e natura

Lo stemma comunale di Vita è carico di simbolismo. Raffigura un leone rampante che si erge su un albero di sicomoro, sormontato da una corona baronale, poggiato su sei lance arazziate disposte a raggiera. Un chiaro richiamo all’autorità del fondatore e alla connessione con la terra – il sicomoro – che da sempre rappresenta la principale fonte di sostentamento per la comunità: l’agricoltura.

Il terremoto del 1968: la notte che cambiò tutto

Una data cruciale nella memoria collettiva del paese è la notte tra il 14 e il 15 gennaio 1968, quando un devastante terremoto colpì tutta la Valle del Belìce. Vita fu tra i centri più duramente colpiti: crollarono abitazioni, chiese, monumenti, compresa la storica chiesa madre, simbolo identitario della comunità.
Alla distruzione causata dalla natura, si aggiunse quella – più controversa – causata dagli uomini, che scelsero l’abbattimento totale di strutture che avrebbero potuto essere salvate. Oggi, il vecchio centro storico mostra ancora ferite aperte: ruderi, zone abbandonate, silenzio. Ma accanto, è sorto un nuovo agglomerato urbano, simbolo di resilienza e ricostruzione.

Luoghi simbolo: un’eredità da riscoprire

Nonostante le distruzioni, Vita conserva e custodisce ancora angoli di grande fascino storico e architettonico:

  • Chiesa San Francesco d’Assisi – La più antica del paese, con una facciata seicentesca rimasta quasi intatta.
  • Chiesa Anime Sante del Purgatorio – Edificata nel XVII secolo, è stata gravemente danneggiata dal terremoto ma restaurata.
  • Palazzo Comunale – Ex convento francescano del ‘600, oggi sede dell’amministrazione.
  • Palazzo Daidone – Simbolo della borghesia terriera locale, ospita oggi una curiosa collezione di 280 cavalli in miniatura.
  • Fontana Acquanova – Costruita nel 1928, è un’opera funzionale e simbolica per la comunità.
  • Chiesa della Madonna di Tagliavia – Edificata negli anni ’30, ospita una pregevole tela mariana firmata G. Russo.

La Festa della Madonna di Tagliavia e le tradizioni culinarie

Il momento più sentito dalla comunità vitese è la Festa della Madonna di Tagliavia, celebrata ogni anno in occasione dell’Ascensione. A rendere unica la festa, c’è anche la rappresentazione in miniatura della celebrazione, realizzata con estrema cura da artigiani locali. Un evento che unisce devozione religiosa e identità culturale. La tavola vitese racconta la sua storia attraverso i profumi del “macco di fave con taglierini”, dei cucciddati di Tagliavia e dei cucciddate di San Giuseppe: pani rituali preparati in occasione delle rispettive feste. Ancora oggi si tramanda l’arte della tessitura, segno di un legame profondo con i mestieri tradizionali. Insomma, Vita è un comune piccolo ma ricco di storia, cultura e memoria. La ferita del terremoto del 1968 ha segnato la sua identità moderna, ma non ha scalfito lo spirito di appartenenza della sua comunità. Chi visita Vita non trova solo un paese, ma un racconto vivente, fatto di baroni fondatori, santi venerati, cavalli benedetti e pane sacro, sospeso tra passato e presente.

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