Un territorio che non fa rumore, ma che continua a pulsare sotto la pelle dell’economia legale. È l’immagine nitida e inquietante emersa dalla missione istituzionale che la Commissione Regionale Antimafia ha tenuto la scorsa settimana presso la Prefettura di Trapani, dove si è svolto un vertice alla presenza del Prefetto Daniela Lupo, dei componenti del Comitato Provinciale per l’Ordine e la Sicurezza Pubblica, dei vertici delle Procure di Trapani e Marsala, della Direzione Investigativa Antimafia e delle forze dell’ordine. Un incontro voluto per fare il punto sull’infiltrazione mafiosa nel tessuto sociale, politico ed economico del Trapanese, una delle province storicamente più esposte alla presenza di cosa nostra, oggi osservata speciale anche dopo l’arresto del superlatitante Matteo Messina Denaro.
Istituzioni presenti all’incontro
Presenti all’incontro anche i deputati regionali Marco Intravaia (Forza Italia) e Roberta Schillaci (Movimento 5 Stelle), oltre al presidente della Commissione Antimafia Antonello Cracolici, che ha tracciato un quadro dettagliato, severo e lucido sulla situazione attuale. “A Trapani la mafia non è scomparsa con Matteo Messina Denaro – ha dichiarato Cracolici –. La mafia trapanese ha una caratteristica storica: è la più intraprendente dal punto di vista economico, quindi ha una sua struttura organizzata nel territorio, fatta anche di attività di riciclaggio e di un vero e proprio sistema economico mafioso”. Il dato più allarmante è quello delle 70 interdittive antimafia emesse negli ultimi nove mesi, un segnale di allerta che testimonia non solo la presenza mafiosa, ma la sua capacità di stringere legami e relazioni all’interno dell’economia legale. “Le interdittive – ha proseguito Cracolici – nascono anche a seguito di tentativi di infiltrazione nell’economia legale. La mafia trapanese costituisce ancora una riserva economica in settori particolarmente dinamici, mi riferisco al turismo, alla trasformazione agricola e a tutto ciò che ruota attorno al sistema dell’agricoltura e della logistica. Cosa nostra, anche se non spara, è molto attiva e persiste anche dopo la fine di Matteo Messina Denaro”.
I mandamenti nel trapanese si alimentano ancora
Il presidente ha inoltre delineato la geografia operativa della mafia trapanese, suddivisa in quattro mandamenti ancora attivi: Trapani, Alcamo, Mazara e Castelvetrano. “Non ci risulta che siano andati in ferie o che si siano messi a riposo – ha affermato –. C’è stato un tentativo di ricambio ad Alcamo, dove si è cercato di sostituire la vecchia famiglia mafiosa colpita dalle operazioni di polizia. Questo tentativo è stato bloccato, ma fa parte della storia di cosa nostra”. “La mafia trapanese ha bisogno di essere silenziosa, tanto da non far sentire neanche l’idea di fare rumore con le armi – ha spiegato Cracolici – Questo è un territorio silente ma molto intraprendente. Non ci sono stati sequestri di arsenali, ma solo di singole armi, a dimostrazione che si evita persino di creare l’idea del pericolo. È una fattispecie su cui abbiamo il dovere di approfondire”. Cracolici ha poi messo in luce la capacità di rigenerazione interna delle famiglie mafiose trapanesi: “Non esiste una figura di riferimento. Oggi non c’è un capo. C’è un’organizzazione che tende ad autonomizzarsi nei territori e ad avere relazioni di convenienza tra famiglie diverse. A volte basta leggere i nomi degli arrestati per capire che i titoli di mafioso si tramandano da padre a figlio, a nipote”. Resta centrale, secondo il presidente della Commissione, il tema della “Commissione” di cosa nostra, un organo teoricamente rappresentativo delle famiglie mafiose ma oggi frammentato: “Oggi la Commissione ha difficoltà persino a riunirsi. Questo dimostra la crisi del coordinamento tra le famiglie, anche se all’interno di esse permane una notevole capacità di rigenerazione”.
Il peso del traffico di droga sul territorio
Altro tema affrontato è stato quello del traffico di stupefacenti, che vede Trapani coinvolta in misura significativa ma meno evidente rispetto ad altre province. “Ci è stato riferito di sequestri importanti di cocaina – ha detto Cracolici – 12 e 40 chili da parte dei Carabinieri. Ma se si confrontano questi numeri con quelli del Siracusano o del Catanese, dove si sequestrano tonnellate di droga, qui probabilmente si tratta di quantità destinate allo spaccio territoriale. Questo non vuol dire che Trapani non sia anche un punto di attracco, visto che ha il mare e che gran parte della droga arriva via mare, soprattutto dal Sud America”. In conclusione, Cracolici ha sottolineato la necessità di non abbassare la guardia: “C’è un rischio molto alto che è quello dell’accumulazione di armi. La mafia trapanese si mimetizza meglio rispetto ad altri territori e ciò la rende ancora più insidiosa. Abbiamo il dovere di continuare a monitorare, ascoltare i magistrati e gli amministratori locali, e portare questi dati e riflessioni in Parlamento”. Un territorio che non urla, ma che respira ancora l’aria densa di un passato che non passa. Un presente in cui la mafia cambia pelle, ma non perde mordente. Un futuro da costruire con vigilanza, determinazione e consapevolezza.