Il boss e la politica

Vincenzo Figlioli

Punto Itaca

Il boss e la politica

Condividi su:

giovedì 02 Febbraio 2023 - 08:35

Uno degli effetti più evidenti dell’arresto di Matteo Messina Denaro è stato aver riportato stabilmente i riflettori mediatici sulla provincia di Trapani.

Accanto a una gran quantità di servizi superficiali e tendenti al folklore, alcuni programmi di approfondimento – Report e Non è l’Arena – sono tornati a parlare della condanna dell’ex senatore D’Alì per concorso esterno in associazione mafiosa. A dicembre, dopo la pronuncia della Cassazione che ha confermato la sentenza d’Appello, ben pochi furono gli organi di stampa nazionali a scriverne (e, per la verità, anche sul territorio tanti preferirono astenersi).

Con l’arresto del boss, il nome dell’ex senatore di Forza Italia è tornato alla ribalta, in particolare per la vicenda del compianto prefetto Sodano. Riprendendo lo storico servizio di Stefano Maria Bianchi per “Anno Zero”, i citati programmi sono tornati sui rapporti tra la famiglia D’Alì e i Messina Denaro, ma anche sulla discussa rimozione del “prefetto del popolo”, che nei suoi anni trapanesi fu strenuo difensore della Calcestruzzi Ericina, la cui rinascita nel segno della legalità irritava fortemente i capimafia trapanesi. Una storia nota, nel nostro territorio, ma che continua a suscitare rabbia e indignazione: in quell’occasione, il governo Berlusconi – attraverso il Ministero dell’Interno, in cui D’Alì ricopriva la carica di sottosegretario – diede un segnale devastante alla comunità, liquidando brutalmente un esemplare servitore dello Stato che avrebbe meritato un trattamento ben diverso.

Chiusa la vicenda giudiziaria di D’Alì e arrestato Messina Denaro, quello stesso Stato avrebbe il dovere di riparare il danno – civile, culturale e sociale – recato in quegli anni alla provincia di Trapani, dimostrando – con i fatti – che il tempo in cui si doveva “convivere con la mafia” (come proprio in quegli anni disse il Ministro delle Infrastutture Lunardi) è ufficialmente finito e che uomini e donne che hanno trascorso la loro carriera politica strizzando l’occhio alle organizzazioni criminali – ottenendo potere e vantaggi – non possono più trovare spazio nelle liste elettorali di alcun partito, a prescindere dal numero di consensi di cui si sono fatti portatori nel tempo.

Basterebbe poco, in fin dei conti. Giusto un po’ di coraggio.

Condividi su:

0 commenti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.

Commenta