L’arresto di Matteo Messina Denaro e quelli che hanno vinto davvero

Vincenzo Figlioli

Punto Itaca

L’arresto di Matteo Messina Denaro e quelli che hanno vinto davvero

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mercoledì 18 Gennaio 2023 - 07:00

Incredulità e gioia. Questi i sentimenti che molti siciliani hanno istintivamente provato nell’apprendere la notizia della cattura di Matteo Messina Denaro. Sarà capitato a tanti, intorno alle 9.30 di lunedì, di sentirsi attraversati da una voglia matta di lasciare famiglia e impegni di lavoro per andare a Palermo, a ringraziare uno per uno i carabinieri del Ros che hanno eseguito l’arresto e poi spostarsi in Procura ad abbracciare il procuratore De Lucia e gli aggiunti che hanno collaborato alle indagini.

La gioia per l’arresto, tuttavia, non può cancellare la consapevolezza che uno Stato unito e compatto nella lotta alla mafia impiegherebbe molto meno di 30 anni per arrestare un latitante. Risulta, dunque, difficile digerire la retorica di chi, in queste ore, sta ripetendo ossessivamente che l’arresto di Messina Denaro è una vittoria dello Stato, autorizzando a salire sul carro dei vincitori gente che non ne avrebbe alcun diritto. Chi ha vissuto in Sicilia in questi 30 anni, sa bene chi ha vinto, chi non ha mosso un dito e chi ha remato contro.

Hanno sicuramente vinto quei magistrati e quelle forze dell’ordine che non hanno mai smesso di cercarlo, nonostante gli organici ridotti all’osso e i mezzi non sempre adeguati a un compito così importante. Hanno vinto i familiari delle vittime di Cosa Nostra, gli insegnanti, i volontari delle associazioni che hanno portato il messaggio dell’antimafia nelle scuole, nei quartieri popolari, nei contesti più ostili. Hanno vinto quei politici, quei sindacalisti, quei giornalisti, quegli artisti che – in direzione ostinata e contraria – hanno saputo resistere ai ricatti, alle querele, alle lusinghe del potere, alle proposte indecenti, continuando a credere che non c’è minaccia – o moneta – che possa indurre ad accantonare valori e dignità. Hanno vinto quei commercianti e quegli imprenditori che non hanno pagato il pizzo, quelli che si sono rifiutati di trasformare le proprie attività in “lavanderie” in cui riciclare soldi sporchi, quei giovani che si sono diplomati, laureati e specializzati senza mai cercare una raccomandazione.

Non salgano su quel carro, dunque, quelli che stavano con il senatore D’Alì quando faceva trasferire il prefetto Sodano, quelli che riempivano le liste elettorali, le cooperative sociali e gli enti di formazione di mogli, figli e fidanzate di boss mafiosi, quelli che chiedevano la 104 senza averne diritto, quelli che raccoglievano incarichi e facevano affari senza farsi troppe domande, quelli che emettevano fatture false per favorire rendicontazioni “creative”, quelli che onoravano la memoria delle vittime di mafia solo nelle feste comandate per poi seguire il proprio tornaconto il resto dell’anno, quelli che conoscono Sciascia solo per “i professionisti dell’antimafia” (ignorando tutto il resto), quelli che non hanno mai creduto alla possibilità che la Sicilia potesse liberarsi dalla mafia, quelli che – semplicemente – se ne sono sempre fregati.

Se ne facciano una ragione: non è il loro carro, non è la loro vittoria.

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