La Procura aveva fatto ricorso contro l’assoluzione di Carmelo Salerno nel 2020. Durante il processo, svoltosi con rito abbreviato, sono state portate in aula nuove acquisizioni sull’uomo d’onore di Paceco. Le stesse dichiarazioni sono poi confluite nell’ambito del processo con rito ordinario che si sta svolgendo a Trapani e che vede tra gli imputati l’ex deputato regionale Paolo Ruggirello. Salerno è stato anche tratto in arresto nell’ambito della recente operazione antimafia Hespera.
Domani dovrebbe arrivare la sentenza di secondo grado relativa ad uno dei due processi, quello con rito abbreviato, dell’inchiesta antimafia Scrigno culminata nel 2019. Presso la Corte d’Appello di Palermo, davanti al Presidente del collegio dei giudici, la dottoressa Adriana Piras, sono state trattate anche le ulteriori acquisizioni del Nucleo investigativo dei carabinieri di Trapani. A riferire in merito è stato il comandante della seconda sezione, il tenente Vito Cito. Le stesse dichiarazioni, rese prima a Palermo nel corso dell’esame del Sostituto Procuratore Generale, il dottore Carlo Mazzella, sono poi confluite, lo scorso luglio, nel processo con rito ordinario che si sta svolgendo a Trapani e che vede tra gli imputati l’ex deputato regionale Paolo Ruggirello. In particolare, è stata approfondita una nota dell’ufficio trapanese stilata il 13 dicembre 2021. Il 20 novembre 2020, Carmelo Salerno, uomo d’onore di Paceco, veniva assolto in primo grado nel processo con rito abbreviato, scaturito dall’operazione antimafia del 2019 per l’appunto. Subito dopo la sua scarcerazione, sono iniziate le indagini dell’Arma dei carabinieri, svoltesi anche mediante un trojan installato sul suo smartphone. Le nuove investigazioni, pertanto, hanno preso piede nel marzo del 2021, visto che il Salerno era ritenuto un soggetto di particolare interesse. Quindi, sono state intercettate delle conversazioni tra lo stesso Salerno e Gianni Gianfranco, quest’ultimo noto alle forze dell’ordine in quanto, con il primo, è stato tratto in arresto per tentato omicidio negli anni ’80. A fine anni ’90, invece, è stato condannato per associazione mafiosa. Dunque, le indagini hanno portato alla registrazione di quattro episodi. Il primo, captato il 25 marzo 2021, avrebbe avuto come focus le dinamiche delle famiglie mafiose di Trapani e Paceco. Grazie alle conversazioni colte dagli investigatori, infatti, è stato possibile acquisire nuove informazioni non soltanto sulle vicende attuali di Cosa nostra trapanese, ma anche di eventi del passato, a partire dagli anni ’80. Nel corso del suddetto dialogo, Carmelo Salerno avrebbe disprezzato i Virga, apostrofandoli con l’appellativo di “Palazzulari”, in quanto originari di Buseto Palizzolo e, poi, anche di “Viddani”, ovvero dediti all’agricoltura. L’uomo d’onore, dunque, avrebbe manifestato la sua avversione nei confronti di Vincenzo Virga e di tale famiglia. Il 13 agosto del 2021, inoltre, il Salerno avrebbe utilizzato i termini “u nicu” e “il grande” per indicare i due fratelli Virga, rispettivamente Pietro e Francesco. Nella terza e quarta intercettazione, quella del 26 maggio 2021 e del 13 agosto 2021, si sarebbe fatto riferimento al processo Scrigno e, in particolare, al tema delle consultazioni elettorali del 5 novembre 2017: l’incontro preparatore tra Paolo Ruggirello e Carmelo Salerno da un lato, e quello tra Pietro Virga e Pietro Cusenza dall’altro. La riunione sarebbe avvenuta circa 20 giorni prima delle elezioni. Nel corso della prima conversazione intercettata, il Salerno, a conoscenza delle dichiarazioni effettuate nell’ambito del citato processo, avrebbe criticato Pietro Virga e Paolo Ruggirello. Nello specifico avrebbe dato “dell’asino” al reggente del mandamento di Trapani, il quale aveva affermato di non avere mai partecipato al già menzionato incontro. L’episodio era stato, infatti, ammesso sia dal Cusenza che dall’ex parlamentare regionale. Tra l’altro, proprio con il primo, nel corso di una conversazione telefonica dell’ottobre 2017, Pietro Virga avrebbe discusso di detta riunione. Il Salerno all’interno del carcere di Santa Maria Capua Vetere avrebbe, invece, incontrato Ruggirello, il quale nell’ambito del processo aveva ammesso l’incontro, ma aveva dichiarato di non sapere chi fosse in realtà Pietro Virga e di non avere mai consegnato alcuna somma a questi e al Cusenza. Ciò che l’ex deputato dell’Ars nella conversazione in carcere avrebbe riferito al Salerno, e da quest’ultimo criticato, è che non avrebbe accettato di dichiarare la dazione di danaro al Virga, ma soltanto la promessa nel caso in cui gli avesse procurato 1000 voti. Poi, Carmelo Salerno avrebbe smentito quanto detto da Pietro Cusenza, cioè che l’uomo d’onore di Paceco si sarebbe trattenuto 5mila euro (dalle 20mila concordate come prima tranche). Secondo la sua versione, invece, avrebbe tenuto per sé soltanto 2mila e 500 euro, perché la metà sarebbe stata distribuita a coloro che lo avrebbero aiutato per la campagna elettorale in sostegno del Ruggirello.
Il primo dialogo, quello del 25 marzo del 2021 è stato intercettato a Xitta, frazione di Trapani. Protagonisti sarebbero stati Gianni Gianfranco, la moglie, Annamaria Scarlata, Carmelo Salerno e Antonino Agate, uno degli abituali accompagnatori del primo, già appurato nell’indagine Scrigno. In altre indagini del 2012, un collaboratore di giustizia, Salvatore Asaro, nipote di Vito Gondola, ex capomafia di Mazara del Vallo, oggi deceduto, avrebbe riferito di essere stato coinvolto per risolvere una questione di un mancato pagamento, da parte di un commerciante mazarese, di una merce fornita da un tale Di Gregorio di Castellammare del Golfo. Quest’ultimo, legato al mafioso castellammarese Michele Sottile, sarebbe stato accompagnato all’incontro con Salvatore Asaro e Vito Gondola proprio dall’Agate.
Nel quarto dialogo intercettato, poi, l’uomo d’onore di Paceco avrebbe raccontato al suo interlocutore altre vicende del passato interne a Cosa Nostra, come quella relativa alla decisione della commissione provinciale di sopprimere Vincenzo Virga, in quanto si sarebbe trattenuto i soldi dalla cassa comune mafiosa. Ciò sarebbe stato espresso anche dal collaboratore Vincenzo Sinacori, all’epoca dei fatti capomafia di Mazara del Vallo. La soppressione del boss di Trapani non sarebbe poi avvenuta perché venne tratto in arresto. Grazie, invece, alle dichiarazioni del collaboratore pacecota Francesco Milazzo, nell’ambito del processo Halloween, dei primi anni 2000, si sarebbe venuti a conoscenza che negli anni ’80 gli sarebbe stato chiesto da Vincenzo Virga di uccidere il giudice Alberto Giacomelli nel territorio di Paceco. Il Milazzo si sarebbe poi opposto a questa disposizione. Il magistrato, purtroppo, venne assassinato ugualmente nell’88. In seguito, insieme a Vito Parisi, sempre di Paceco, si sarebbe recato da “mastro Ciccio”, Francesco Messina, allora reggente di Mazara del Vallo. Durante l’incontro si sarebbe proprio discusso della cattiva gestione della cassa comune da parte del Virga. Nell’ambito invece dell’operazione “Bethon” del 2007, Giuseppe Pace, attualmente detenuto per associazione mafiosa, avrebbe raccontato a Vincenzo Mannina la convocazione di Vincenzo Virga presso la commissione provinciale a Mazzara del Vallo, durante la quale avrebbe temuto per il proprio destino, proprio a causa della sua cattiva gestione del denaro mafioso e che non sarebbe stato ripartito adeguatamente tra tutti gli associati. Lo stesso Matteo Messina Denaro si sarebbe lamentato dell’amministrazione della cassa mafiosa da parte del Virga, come emerso in un altro processo.
Nella conversazione del 26 marzo 2016, tra Gianni Gianfranco, sua moglie e Carmelo Salerno, sempre all’interno dell’abitazione dei due coniugi, si sarebbe fatto riferimento a diversi soggetti del passato legati a Cosa Nostra: “Turiddu” (Salvatore ndr) Alcamo, uomo d’onore di Paceco, che a metà degli anni ‘90 era anche rappresentante della famiglia mafiosa. Il figlio, Michele Alcamo, all’epoca frequentava Pietro Virga. Poi avrebbero discusso di “Turiddu”, Salvatore Di Genova, oggi deceduto, uomo d’onore di Paceco e suocero di Francesco Peralta, e di Filippo Coppola, anche lui della famiglia mafiosa di Paceco. Avrebbero poi citato Francesco Milazzo “U funciuto”, il quale nell’ambito del sopracitato processo Halloween, avrebbe fatto dichiarazioni in merito ad episodi del passato, come quello in cui sarebbe stato coinvolto “Mommo u nano”, secondo gli investigatori Girolamo Marino, ucciso nell’86. In quegli anni avrebbe dovuto essere ucciso anche Turiddu Di Genova, omicidio rimandato perché presenti i suoi figli piccoli. Poi, il Salerno e il Gianfranco avrebbero discusso di Giuseppe Virzì. Il 30 settembre del 2017, quest’ultimo sarebbe stato impiegato come buttafuori in una discoteca di Custonaci, il “Cocos”. In quella circostanza si sarebbe trovato in compagnia di Michele Alcamo e avrebbe chiamato Pietro Virga per organizzare un incontro tra i due, dato che entrambi erano pregiudicati e avrebbero dovuto evitare di parlare per telefono. Dunque, l’incontro si sarebbe svolto all’interno del citato locale. Successivamente, il Virzì si sarebbe recato da Francesco Virga, in quanto erano amici, e gli avrebbe raccontato la riunione. Nel corso della conversazione captata si sarebbe poi fatto riferimento a Franco Orlando, il quale avrebbe avuto dei legami di amicizia con i Virga sin dagli anni ‘90. Per Salerno, però, l’Orlando avrebbe dovuto diffidare dei fratelli Virga, perché di fatto non sarebbero stati davvero degli amici.
Nel dialogo del 25 maggio 2017, intercettato a casa di Gianni Gianfranco, alla presenza della moglie di questi, Carmelo Salerno avrebbe criticato Pietro Virga per le sue dichiarazioni fatte nel corso del processo Scrigno, in cui negava di aver incontrato Paolo Ruggirello. Con quest’ultimo, come sopradetto, nonostante il divieto di incontro, avrebbero avuto modo di parlare all’interno del carcere. Malgrado non avesse condiviso la scelta dell’ex deputato di non ammettere la cessione di danaro per la raccolta dei voti il suo sostegno, allo stesso tempo, si sarebbe mostrato riconoscente nei confronti di Ruggirello per non avere fatto il suo nome nel famoso incontro avvenuto prima delle elezioni regionali. “Di cristiano bonu si compurtau” (da brave persone si è comportato ndr), avrebbe dichiarato il Salerno nella conversazione intercettata. Poi, avrebbe nuovamente fatto riferimento a Pietro Cusenza e alle dichiarazioni di questi nella fase processuale. Avrebbe affermato che nell’incontro con Cusenza, all’interno della casa di sua figlia, non si sarebbe trattenuto la “quota di Paceco”, ovvero i 5mila euro dei 20mila pattuiti come prima tranche, ma soltanto 2mila e 500 euro perché, come già detto, avrebbe pagato coloro che si sarebbero attivati per la campagna elettorale. Nell’incontro del 28 ottobre 2017, Carmelo Salerno, salendo a bordo dell’auto del Cusenza, gli avrebbe infatti detto di essere stato sollecitato da Ruggirello a parlare con Pietro Virga perché la campagna elettorale non sarebbe stata particolarmente attiva. L’uomo d’onore di Paceco, come detto, aveva avuto modo di leggere le trascrizioni dell’indagine Scrigno tra Pietro Cusenza e il reggente di Trapani. Quest’ultimo lo aveva definito “cornuto e sbirro”, perché si era permesso appunto di chiedere delucidazioni sulla raccolta dei voti, organizzata dalla consorteria mafiosa per Paolo Ruggirello. Il Salerno avrebbe raccontato di avere compiuto, a fine anni ’90, degli attentati per conto dei Virga, per i quali sarebbe stato coinvolto nell’operazione Prometeo. Inoltre, avrebbe detto al suo interlocutore che Nicola Scandagliato, mafioso di Calatafimi, gli avrebbe confidato di avere consegnato 800 milioni a Vincenzo Virga, il quale avrebbe trattenuto l’intera somma per sé.
Nel corso dell’ultima conversazione, quella del 13 agosto 2021, avvenuta all’interno di un locale, forse una pescheria, tra Salerno e un soggetto non identificato, si sarebbe fatto riferimento sempre a Pietro Cusenza come un pentito e a Franco Orlando come soggetto che comanda a Trapani. Salerno avrebbe poi dichiarato che il primo aveva aperto un negozio di frutta e verdura e lo avrebbe aiutato anche attraverso la cessione di arredi per il locale. L’uomo d’onore di Paceco avrebbe inoltre riportato il dialogo svoltosi con Franco Orlando all’interno del carcere Pagliarelli di Palermo. Subito dopo il loro arresto, nell’ambito dell’operazione Scrigno, Pietro Cusenza, il solo ad essere incensurato, avrebbe iniziato a collaborare con la magistratura e, pertanto, a parere del Salerno, avrebbe avuto “bisogno di una carezza” (di una lezione ndr). Il Cusenza poi sarebbe stato trasferito in un altro istituto penitenziario, verosimilmente nel reparto dei collaboratori, soprannominato dal Salerno come “il reparto pitinzia”.