Venerdì sera, finisco di lavorare alle 8 in punto, torno a casa, cambio me e le bambine e ci muoviamo tutti verso il ristorante cinese per una cena con amici. Con una abbondante mezz’ora di anticipo, mando un allegro messaggio alla chat di gruppo: “siamo già pronti, vi aspettiamo al ristorante”.
Cappelli e giubbotti, pronti per scendere. Nina vomita. Direi che aveva mangiato conchigliette in bianco, dall’attenta analisi al tappeto di pastina sparso sul pavimento. Con un punto interrogativo sul viso, con il papà ci domandiamo il motivo di questo malessere. Aveva qualcosa che non è riuscita a digerire? Sarà stata colpa dei dentini? Aveva le mani in bocca e si sarà spinta oltre? È un sintomo di covid? Non lo sappiamo e forse nemmeno vogliamo saperlo.
Pulisco il pavimento, il divano, il copridivano. Cambio lei e cambio me. Indecisi se indossare il pigiama o tentare comunque una via per la fuga da casa, coraggiosamente ci infiliamo in macchina verso l’ambita destinazione.
Ancora puntuali. Salutiamo gli amici e relativi figli. Ordiniamo quantità industriali di cibo cino/giappo (non sappiamo quale sia cinese e quale sia giapponese e nel dubbio, ogni volta, ordiniamo un po’ di tutto), tentiamo vaghe conversazioni più volte interrotte da “mamma, mi versi un po’ d’acqua”, “mamma, devo andare in bagno”, “mamma, posso assaggiare”.
Al trentaduesimo “mamma”, mi tocca mettere in moto i miei riflessi per “parare” un getto di vomito in calcio d’angolo e prontamente fare in modo che mia figlia, la piccola, non si facesse una doccia non proprio piacevole. Da quel momento in poi è solo un vago ricordo della serata.
Nel raggio di cento metri nessuno ha più (giustamente) preso posto accanto a noi, nel ristorante. Nessuno ci ha più, anche lontanamente, rivolto il saluto. Nessuno ha più cenato. Da quel momento in poi, gli amici con noi al tavolo iniziano ad avere una unica, vera preoccupazione: quella di riservare un piatto fondo come secchio per eventuali altri getti di vomito!
Fra la loro ilarità e la mia rassegnazione, capisco che ormai il weekend è andato in fumo. Al secondo boccone di spaghetti di soia e frutti di mare, decidiamo di rientrare a casa. Al rientro, anche la figlia grande, forse in preda all’invidia, inizia a vomitare. L’esorcista volume 2. E così via anche per la mamma, il giorno dopo ancora (L’esorcista, il ritorno).
Un fine settimana che ci ha visti incollati l’uno all’altro, sul divano, davanti la tv, in fragranze miste a residuo di vomito e detergente per pavimenti Aiax al limone. Per un verdetto finale di tre piumoni da lavare, cinque pigiami, due vestitini, un copridivano, due paia di lenzuola, un paio di sneakers. Lunedì, manco a dirlo, siamo già tutti in via di ripresa. Proprio come volevasi dimostrare.