Nel corso dell’udienza svoltasi ieri mattina presso il tribunale di Trapani, il sostituto procuratore, la dottoressa Rossana Penna, ha concluso la sua requisitoria. A giugno inizieranno, invece, davanti al collegio dei giudici le arringhe delle difese.
Sono state formulate ieri mattina, presso il Palazzo di giustizia di Trapani, al termine della requisitoria del pubblico ministero, la dottoressa Rossana Penna, le richieste di condanna per gli imputati del processo scaturito dall’inchiesta “Affari sporchi” del 2016: l’ex vicesindaco di Alcamo, Pasquale Perricone, la cugina, Maria Lucia Perricone, l’ex legale rappresentante della cooperativa Promosud srl, Marianna Cottone e il funzionario del Centro per l’impiego della città, Emanuele Asta. L’indagine avente ad oggetto il fallimento della consortile Nettuno, lo ricordiamo, è scaturita nell’ambito dei lavori di ampliamento del porto di Castellammare del Golfo, il cui cantiere è stato sequestrato dalle fiamme gialle nel 2010. L’istanza più pesante, rivolta al collegio dei giudici, presieduto dal dottore Enzo Agate e a latere dalle dottoresse Roberta Nodari e Chiara Badalucco, ha riguardato lo storico esponente del PSI alcamese.
Per Pasquale Perricone, infatti, l’accusa ha chiesto in totale 12 anni e 5 mesi di reclusione per il delitto di associazione a delinquere, bancarotta fraudolenta, truffa ai danni dello Stato e della Ue, falso ideologico, corruzione. Oltre alle pene accessorie, il PM ha chiesto anche l’interdizione dai pubblici uffici, l’incapacità di trattare con la pubblica amministrazione, nonché la confisca. Per l’ex amministratore del Comune di Alcamo è stata, invece, formulata l’assoluzione per falso ideologico in atto pubblico perché il fatto non sussiste o, comunque, integrato dalla tentata truffa. Per Maria Lucia Perricone 5 anni e 3 mesi per il delitto di associazione a delinquere e bancarotta fraudolenta, più le pene accessorie. L’assoluzione è stata domandata, invece, per falso ideologico perché il fatto non sussiste. Per Marianna Cottone, il pubblico ministero ha ritenuto di dover chiedere le attenuanti generiche, in quanto, rispetto agli altri imputati, nel corso del dibattimento avrebbe dato un segnale di ravvedimento. I reati per i quali è stata ritenuta responsabile sono: associazione a delinquere, truffa ai danni dello Stato e della Ue, falso ideologico, corruzione. Inoltre, vista la giovane età all’epoca dei fatti contestati, la dottoressa Penna ha domandato la pena di 4 anni, 1 mese e 20 giorni, nonché l’interdizione dai pubblici uffici, l’incapacità di trattare con la pubblica amministrazione e la confisca. L’assoluzione è stata formulata, invece, per falso ideologico in atto pubblico perché il fatto non sussiste.
Per Emanuele Asta, la Procura ha chiesto la pena finale di 6 anni di reclusione nonché l’interdizione dai pubblici uffici, la confisca, per i reati di associazione a delinquere, tentata truffa ai danni dello Stato e della Ue, corruzione. Come parte civile è intervenuta infine l’Avvocatura dello Stato. Il legale, Giulio Sorrentino, in rappresentanza degli Assessorati regionali alla Famiglia, all’Istruzione, alla Formazione e al Lavoro ha depositato una memoria con la richiesta di risarcimento danno, per beni patrimoniali e non, pari a 10 milioni di euro. Nel corso dell’udienza svoltasi ieri, il sostituto procuratore, la dottoressa Rossana Penna, ha concluso la sua requisitoria. Era iniziata il 10 maggio scorso. Una sintesi dell’intero intervento del pubblico ministero sarà successivamente prodotto in un altro nostro contenuto. A giugno precisiamo, invece, si terranno davanti al collegio dei giudici le arringhe delle difese.