A 35 anni dalla Strage di Pizzolungo, in cui la barbarie mafiosa causò la morte di Barbara Rizzo Asta e dei gemellini Giuseppe e Salvatore, il Tribunale di Caltanissetta ha condannato Vincenzo Galatolo, ritenuto uno dei mandanti del fallito attentato al giudice Carlo Palermo che provocò l’esplosione dell’auto su cui la donna viaggiava assieme ai due figli.
Accogliendo la richiesta dei pm Gabriele Paci e Pasquale Pacifico, la gup Valentina Balbo ha condannato Galatolo a 30 anni di carcere. Il boss dell’Acquasanta si trova già in carcere per associazione mafiosa, in regime di 41 bis. Il processo si è svolto con rito abbreviato.
Per la Strage di Pizzolungo sono già stati condannati all’ergastolo Totò Riina e Vincenzo Virga in qualità di mandanti e Balduccio Di Maggio per aver portato a Trapani l’esplosivo utilizzato per l’attentato.
«È una sentenza importante – dichiara don Luigi Ciotti, presidente nazionale di Libera- quella che a Caltanissetta, in seguito al grande, tenace lavoro dei magistrati Amedeo Bertone, Gabriele Paci e Pasquale Pacifico, ha condannato a trent’anni uno dei mandanti della strage di Pizzolungo del 2 aprile 1985, in cui morirono Barbara Rizzo e i suoi due bambini Salvatore e Giuseppe Asta. Importante perché fa emergere un pezzo di verità nella ricostruzione del contesto e delle responsabilità di quella strage, effetto collaterale di un attentato mancato rivolto a un bravo e integerrimo magistrato, Carlo Palermo. Ma importante anche per Margherita Asta, la figlia maggiore di Barbara, che è riuscita a superare l’immenso dolore di quegli affetti strappati e a ricostruirsi una vita capace di dare vita e speranza a chi dispera di trovarla. Margherita è da molti anni una delle colonne portanti di Libera».
«La sentenza di Caltanissetta – commenta la sindaca di Erice Daniela Toscano – aggiunge un altro importante tassello nella ricerca della verità su una vicenda complessa e drammatica che merita giustizia. Si vanno via via definendo i contorni e le responsabilità di quella che è ancora una ferita aperta per tutti gli ericini e non solo. Il nostro dovere morale ed etico, che reputo un vero e proprio impegno civile, è oggi più di ieri quello di testimoniare la nostra vicinanza a Margherita Asta ed ai suoi familiari, ma anche al giudice Palermo ed agli agenti della scorta. Continueremo a farlo attraverso la memoria ed il ricordo, affinché non cali mai la soglia dell’attenzione su ciò che accadde 35 anni fa e, in generale, su tutte le stragi e gli omicidi di mafia».