Alcamo, conferita la cittadinanza onoraria al giornalista Paolo Borrometi (VIDEO)

redazione

Alcamo, conferita la cittadinanza onoraria al giornalista Paolo Borrometi (VIDEO)

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martedì 12 Novembre 2019 - 17:08

La cerimonia si è conclusa ieri sera presso il Centro Congressi Marconi, alla presenza delle istituzioni civili e militari. In mattinata, invece, lo scrittore è stato impegnato in un incontro con gli studenti nell’aula magna dell’istituto G.Ferro.

Quella di ieri è stata per Alcamo una giornata all’insegna della legalità che, certamente, rimarrà nella storia di questa città. Raramente, infatti, si sono svolti degli eventi così intensi e importanti. Un chiaro segnale da parte della comunità alcamese che, forse, vuole lasciarsi alle spalle un passato segnato dalla mafia e dalla omertà. Conferire, infatti, la cittadinanza a un giornalista come Paolo Borrometi, in prima linea nella lotta alla criminalità organizzata, non può rappresentare un fatto qualsiasi, da far passare inosservato e, soprattutto, in un territorio purtroppo noto alle cronache a causa della presenza di esponenti di spicco di “Cosa nostra”.

L’autore del libro “Un morto ogni tanto”, il quale ha dovuto rinunciare alla sua libertà per le minacce ricevute a seguito delle sue inchieste giornaliste svolte nella Sicilia orientale, ha dedicato un intero giorno ai suoi neo concittadini che hanno tratto un arricchimento dalla sua lectio sulla libertà di pensiero e dalla mafia. Infatti, nella mattinata, lo scrittore è stato impegnato in un incontro con gli studenti presso l’aula magna dell’istituto G.Ferro organizzato dall’associazione antiracket della città, dal Consorzio per la legalità e lo sviluppo e dal Comune di Alcamo. A moderare l’incontro è stato il giornalista Piero Messana. A dare il benvenuto ai relatori invece è stato il dirigente del liceo classico e scientifico, il professore Giuseppe Allegro. Successivamente, è intervenuto per i saluti il sindaco Domenico Surdi, seguito poi dal presidente dell’associazione Antiracket di Alcamo, Salvatore Di Leonardo, il quale ha riportato ai ragazzi la sua testimonianza di uomo che non cede alle minacce della criminalità organizzata, attraverso le sue denunce contro gli atti estorsivi subiti. Tra “Quelli che…combattono la mafia”, titolo della manifestazione, vi è stato anche il direttore della Dia di Trapani, il tenente colonnello Rocco Lo Pane. Il suo contributo al dibattitto è stato molto toccante. Il tenente Lo Pane, infatti, ha letto agli studenti, che hanno ascoltato in religioso silenzio il suo intervento, la sentenza del ’99 della Corte d’Assise di Appello di Palermo sull’omicidio del piccolo Giuseppe Di Matteo. “La mafia non è un concetto teorico”, così ha subito dichiarato ai liceali il direttore delle Dia di Trapani, il quale ha dopo precisato “La mafia è essenzialmente un fenomeno criminale”. Il 14-16 ottobre del 1957, ha spiegato il tenente colonnello Lo Pane, un gruppo di soggetti statunitensi e locali, che portavano il cognome di Bonanno o Bonventre, originari di Castellammare del Golfo, decidono di organizzare “Cosa nostra”. Il reato di associazione mafiosa arriva solo nell’82. E solo 10 anni dopo, quando la Cassazione conferma le condanne del cosiddetto Maxiprocesso viene riconosciuta giudizialmente. Il dirigente della Direzione Investigativa Antimafia di Trapani ha poi illustrato la struttura dell’organizzazione, conosciuta dalla magistratura grazie al pentito Tommaso Buscetta. Ma questa è la mafia dal punto di vista teorico, per l’appunto. Invece, il tenente colonnello Rocco Lo Pane ha invitato gli studenti a studiare la mafia leggendo le carte delle sentenze. Tra gli imputati del processo del ’99 suddetto vi erano per l’appunto Leoluca Bagarella, Giuseppe Agrigento, Salvatore Brusca, Giovanni Brusca, Cristofaro Cannella e Vito Coraci di Alcamo. Le accuse: il rapimento e l’omicidio del piccolo Di Matteo. Dopo due anni di segregazione nei vari nascondigli realizzati anche nella vicina Castellammare del Golfo, e in altri luoghi della provincia di Trapani, Di Matteo veniva strangolato. Il suo cadavere successivamente veniva immesso in fusto metallico, pieno di acido. Poi, tutte le tracce venivano fatte scomparire. Un omicidio terribile, commesso dalla mafia perché il padre, Santino Di Matteo, aveva iniziato a collaborare con la magistratura. Proprio quest’ultimo è intervenuto in diretta grazie ad una chiamata con Paolo Borrometi, il quale gli ha chiesto di spiegare agli studenti il motivo che l’hanno spinto a non arrendersi, dopo il sequestro del figlio, e a continuare a fare le rivelazioni su Cosa nostra. “Quando uno viene sequestrato, non è facile tornare indietro, perché se è un sequestro a scopo di soldi, allora è facile, ma quando è un sequestro a scopo…come è stato fatto a me, non torna più indietro e uno deve andare avanti. E deve andare avanti soprattutto per la famiglia che c’hai accanto”. Santino Di Matteo ha inoltre aggiunto “Abbiamo pagato un prezzo caro, però ho salvato tutta l’altra famiglia mia. L’ho fatto con il cuore, perché io lo so come funzionano ste cose in Cosa nostra”. Dopo un messaggio ai ragazzi con l’invito di stare lontani dalla mafia, il collaboratore di giustizia ha affermato “Questa è una strada che non porta da nessuna parte, porta solo alla distruzione”. Inoltre, Santino Di Matteo ha ricordato il figlio “L’ho conosciuto col sorriso e col sorriso se n’è andato. Io ce l’ho sempre nel cuore che mi sorride. Quando mi alzo, tutte le mattine, penso a lui e rido assieme a lui. Questo è il ricordo di mio figlio Giuseppe: col sorriso al cuore”. Poi, la sua voce si è un po’ spezzata quando ha dichiarato del bene provato verso figlio “Quando se ne parla poi mi fa male”. Infine, sempre sul figlio Giuseppe, Di Matteo ha detto “Un ragazzino con le palle. Quello che ha sofferto Giuseppe non l’ha sofferto mai nessuno”.

In seguito, Paolo Borrometi ha raccontato la sua di esperienza: l’aggressione da parte di malavitosi subita a causa delle sue inchieste, che gli ha causato dei danni permanenti alla spalla. “Il vero problema è la frase che dissero mentre stavano andando via” ha dichiarato il giornalista: “Non ti facisti i cazzi toui e chissà è solo la prima”. Ognuno ha delle paure, ma per Borrometi “L’importante è non cedere alla paura”. Il giornalista ha messo nero su bianco nel libro sopracitato, presentato anche ad Alcamo il 23 dicembre del 2018, il suo proposito di non cedere a chi vorrebbe tappargli la bocca e fermare la sua penna. Ieri ha esposto agli studenti le ragioni che lo spingono a non mollare così: “L’articolo 21 della Costituzione non è solo il diritto del giornalista ad informare, ma è soprattutto il diritto di ognuno di voi ad essere informato”. Per lo scrittore, come ha dichiarato al termine del suo lungo intervento “Niente di peggio c’è rispetto a quello della cultura mafiosa”. L’incontro si è concluso con decine di domande degli studenti, i quali hanno dimostrato di essere sensibili al tema della lotta alla mafia, a tutte le sue difficoltà nel portarla avanti e anche a tutte le sue contraddizioni. Dunque, Paolo Borrometi ha rassicurato i ragazzi affermando “Io non lo so se i miei sogni si realizzeranno mai, ma so che la cosa più bella non è il sogno che si realizza, ma è quanto lotti affinché quel sogno si realizza. E allora sì che ne vale la pena”.

Nella serata di ieri, si è svolta poi la cerimonia per il conferimento della cittadinanza onoraria al giornalista presso il Centro Congressi Marconi di Alcamo. Per l’occasione è stato convocato dal presidente Baldo Mancuso un Consiglio comunale straordinario. Infatti, lo scorso marzo, l’Aula Consiglio ha approvato all’unanimità la mozione di indirizzo promossa dalla maggioranza pentastellata e firmata da tutte le forze politiche. Il sindaco Domenico Surdi ha motivato in tal modo detta scelta “Sono grato a Paolo per la sua vicinanza ad Alcamo, alla sua cittadinanza. Questo conferimento è stato voluto da tutti noi, dall’amministrazione, dal Consiglio comunale per testimoniare questo senso di amicizia, questo senso di riconoscenza nei confronti di una persona che con la sua attività e la sua vita testimonia ogni giorno quanto importante sia fare il proprio dovere”. Dopo il contributo del primo cittadino sono intervenuti nell’ordine, per manifestare la loro vicinanza e per ringraziare Paolo Borrometi per la sua attività d’inchiesta giornalistica, la consigliera comunale, Giovanna Melodia (M5S), il capogruppo dell’UDC Saverio Messana, il consigliere comunale Gino Pitò di Abc-Alcamo Cambierà. Inoltre, gli onorevoli Antonio Lombardo e Valentina Palmeri del M5S hanno espresso la loro vicinanza e l’augurio al giornalista siciliano. Inoltre, è intervenuto il presidente della consulta giovanile Sergio Marrocco, invitando lo scrittore ad aprire un dialogo con i ragazzi. Alla cerimonia ha presenziato anche il neo Questore di Trapani, il dottore Salvatore La Rosa, amico del giornalista Paolo Borrometi, conosciuto due anni fa a Ragusa: “Oggi Alcamo sta conferendo la cittadinanza a una persona che assolutamente è meritevole di tutto quello che avete detto sinora. È persona che ha speso la grandissima parte della sua vita nell’inchiesta giornalistica antimafia. Lo fa con grandissimo trasporto e, soprattutto, stando con la testa sulle carte, cercando veramente qualcosa in più che probabilmente la cronaca non ci fornisce”. In seguito, il questore La Rosa ha aggiunto “È stato un esempio di giovane, perché comunque è giovane, avrà perso qualche capello però ancora si mantiene giovane, che veramente si è appassionato all’antimafia reale, che ha pagato e sta pagando con una limitazione di libertà che non auguro a nessuno.” A cause delle continue minacce, dal 2014, Paolo Borrometi vive infatti sotto scorta dei carabinieri per i suoi articoli sugli affari della criminalità ragusana e siracusana. Adesso a proteggerlo, accanto ai militari, ci sono tutti i suoi concittadini alcamesi.

Linda Ferrara

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