Matteo il conquistatore (e i siciliani sudditi)

Vincenzo Figlioli

Marsala

Matteo il conquistatore (e i siciliani sudditi)

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martedì 28 Maggio 2019 - 06:45

Si è fatta conquistare anche da Matteo Salvini, la Sicilia. Non ancora, non del tutto, ma la strada è tracciata. Al netto dell’astensione, quasi un siciliano su quattro ha votato per la Lega, dimenticando decenni di insulti contro i “terroni” e il sud assistenzialista, che peraltro avevano fatto parte del repertorio dello stesso Salvini, fino a qualche anno fa. Poi, l’attuale Ministro degli Interni ha cambiato strategia, abbandonando il sogno della Padania libera per accreditarsi come nuovo leader nazionalista. Lo slogan “prima gli italiani” gli ha consentito di allinearsi a un certo tipo di comunicazione che ha fatto le fortune di Trump, Putin, Le Pen e Orban, trasformando l’immigrazione nel drappo rosso da sventolare davanti agli occhi stanchi di chi stava pagando sulla propria pelle il prezzo della crisi economica. Un po’ come fece Hitler con gli ebrei dopo il crollo della Repubblica di Weimar. Il resto l’hanno fatto gli errori degli altri, da Renzi al Movimento 5 Stelle, che hanno consegnato a Salvini le chiavi del Paese, dilapidando la fiducia inizialmente posta nei loro confronti.

Come una sorta di pifferaio magico, il Ministro degli Interni si è ritrovato alle spalle i vecchi elettori leghisti, i delusi del ventennio berlusconiano, i nostalgici del fascismo e adesso, inaspettatamente, anche una buona parte dell’elettorato meridionale. “Senti che puzza scappano anche i cani, stanno arrivando i napoletani”, intonava nel 2009 a Pontida il leader leghista, che ancora nel 2014 proponeva di bloccare l’esodo degli insegnanti meridionali verso il Nord. Ma quello che più dovrebbe fare riflettere, al di là degli slogan e della propaganda, è che uno dei punti su cui la Lega insiste maggiormente nell’azione di governo è la concessione di maggiore autonomia alle ricche regioni del Nord. Un progetto che qualcuno ha definito “la secessione dei ricchi” e che verosimilmente contribuirebbe a diminuire il gettito fiscale redistribuito sul territorio nazionale, con conseguenze facilmente immaginabili per la tenuta dei servizi pubblici nelle regioni del sud (dalla sanità, all’istruzione). In una situazione normale, un tema del genere avrebbe un ruolo centrale nel dibattito pubblico e costituirebbe la più valida ragione per ritenere Salvini invotabile per un cittadino meridionale. E invece si preferisce seguire il pifferaio, aggiungendosi gioiosamente ad un’inconsapevole carovana che ogni giorno di più somiglia ai trenini delle feste di Carnevale, irrinunciabile parentesi di leggerezza da opporre a certi pensieri pesanti che tolgono il sonno. Del resto, si sa, “vicino al re, beato chi c’è”.

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