Come abbiamo raccontato in questi giorni, la Cantina Europa ha voltato pagina, cambiando Consiglio d’amministrazione e presidente, in seguito alle recenti dimissioni di Eugenio Galfano, per 19 anni alla guida della compagine societaria. Sabato scorso, il Cda, composto da Giovanni Licari e Baldassare Giaramidaro (vicepresidenti), Biagio Angileri, Michele Buffa, Giuseppe D’Alberti, Ignazio Marino, Nicolò Mezzapelle, Biagio Piccione, Salvatore Saladino e Marianna Tranchida (consiglieri) ha votato il 37enne agronomo marsalese Nicolò Vinci alla guida della Cantina Europa. Un incarico sicuramente prestigioso, ma che non nasconde rischi e insidie a fronte delle aspettative dei numerosi soci (2100) con cui dovrà misurarsi il neopresidente.
Che momento sta vivendo la Cantina Europa?
Un momento delicato. Dopo 19 anni con Eugenio Galfano alla guida, abbiamo preso in mano il timone di questo transatlantico. Stiamo cercando di lavorare nel miglior modo possibile per cercare di dare fiducia ai soci. Speriamo che i sacrifici fatti saranno ricompensati.
All’inizio non si può che partire da una ricognizione dei conti e dei contratti in essere. Quali sono le vostre prime impressioni?
E’ una fase di reset e comprensione, com’è naturale quando avviene un cambio di management. Anche i dipendenti erano abituati a lavorare in un certo modo. Dalle prime analisi non possiamo comunque dire che la situazione sia disastrosa. Forse c’è stata qualche disattenzione nella gestione.
Dovuta a cosa?
E’ ancora presto per dirlo. Ci stiamo lavorando.
Che valutazione dà dell’operato di Eugenio Galfano?
Negli anni è stata una figura importante, un professionista affermato nel territorio. Sulla gestione non mi esprimo, ma era fondamentale che ci fosse un ricambio per dare un’accelerata su alcuni processi di sviluppo.
Possibile che si decida di cedere qualche ramo per fare cassa?
Ad oggi non ci sono i presupposti per dirlo. Ci stiamo concentrando nella valorizzazione degli investimenti fatti.
Prevedete cambiamenti o turn over tra i dipendenti?
Nessuno intende mettere in discussione i posti dei dipendenti.
Qual è l’idea di Cantina che intendete portare avanti?
Vogliamo rivoluzionare quanto fatto finora. Non basta produrre, bisogna anche vendere su altri mercati, come si è cominciato a fare con il progetto Grillante, che è un’idea condivisa che vogliamo continuare a portare avanti. L’altro obiettivo è avere una base sociale più giovane e dinamica. Attualmente, la base sociale ha un’età media molto alta e questo è un male per la struttura e per l’economia del territorio.
L’agricoltura è stata il passato di questo territorio…può essere anche il futuro?
Dovrà essere il futuro di questo territorio. Non si può vivere solo di turismo, nasciamo agricoltori. Abbiamo dimenticato le nostre radici e le nostre origini. Il turismo, tutt’al più, può affiancare l’agricoltura, ma come attività collaterale.
Sabato scorso, prima della riunione del Consiglio d’amministrazione che ha designato il nuovo presidente, c’è stato un confronto con un gruppo di soci che hanno contestato la vostra azione. Vi siete ridati appuntamento alla prossima assemblea dei soci, in programma a marzo. Con quali presupposti?
Ci siamo dati un appuntamento indicativo, ma avevamo già detto a dicembre che tra marzo ed aprile ci saremmo rivisti, ritenendo corretto dare ai nostri soci uno spettro corretto dello stato della Cantina Europa, ieri, oggi e domani. E’ necessario dare contezza su tutto ai nostri 2100 soci, verso cui sentiamo una grande responsabilità.
Uno dei problemi dell’agricoltura di questi anni è stato l’abbandono di tanti produttori. Che messaggio di sente di lanciare a riguardo?
Sono un agronomo e svolgo quest’attività con passione. Vedere i nostri territori abbandonati e screditati mi dispiace e mi preoccupa. Dove c’è abbandono, spesso, arrivano le discariche a cielo aperto o episodi di dissesto idrogeologico. L’ambiente è la cosa più cara e preziosa che possiamo avere e noi la stiamo svendendo e maltrattando. Capisco che la situazione economica può indurre a questo, ma l’agricoltura è un punto di partenza. Il Cda è composto in buona parte da agricoltori, mentre in passato c’erano soprattutto professionisti, per i quali il vigneto era un’attività secondaria. Io non mi sento un professionista, mi sento un agricoltore.
La politica avrebbe potuto fare di più per il settore in questi anni?
Potenzialmente sì. Oggi ci troviamo nel caos più totale. Da un lato hanno dato incentivi per l’abbandono con misure del Psr che intendevano privilegiare la qualità e diminuire la quantità di prodotto. Dall’altro lato, oggi, siamo tornati ad incentivare la produzione. La politica dovrebbe avere le idee più chiare e dovrebbe anche semplificare gli adempimenti amministrativi. In passato c’era una burocrazia molto più snella, oggi i nostri agricoltori sono molto appesantiti. Avere una base sociale giovane significa anche prestare più attenzione a determinati aspetti, mentre l’agricoltore anziano tende, inevitabilmente, a procedere per inerzia.