“Progetto Silver”, dati positivi per i migranti vittime di traumi legati al viaggio

Gaspare De Blasi

“Progetto Silver”, dati positivi per i migranti vittime di traumi legati al viaggio

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sabato 08 Dicembre 2018 - 12:57

Sono 913 gli utenti raggiunti, 44 edizioni formative, 912 ore di formazione, 1.100 iscritti
ai corsi, 965 i formati, 103 i docenti, 43 i tutor e oltre 40 borse lavoro assegnate.

Questi i numeri del“Progetto Silver” del fondo FAMI del ministero dell’Interno per l’assistenza sociopsicologica ai migranti vittime di traumi legati al viaggio, che ha coinvolto otto Asp siciliane, 11 partner del privato sociale, le
prefetture, le questure, i medici di medicina generale, i pediatri di libera scelta, gli psicologi, gli avvocati, e,
ancora, Organizzazione mondiale della sanità, Unhcr, Medici senza frontiere, Save the children, Terre des
hommes, Ufficio di servizio sociale per i minorenni, col coinvolgimento del ministero della Salute,
l’assessorato regionale alla Famiglia, l’assessorato regionale alla Salute e altre realtà istituzionali e del
volontariato internazionale. Una rete articolata, coordinata dall’Azienda Sanitaria Provinciale di Trapani. Che il Progetto Silver fosse un’esperienza di successo lo ha confermato anche il meeting conclusivo al Centro polifunzionale per l’integrazione dei migranti di Trapani, al quale erano presenti non solo gli operatori e i rappresentanti di enti e istituzioni che hanno partecipato a vario titolo alle attività del progetto nel corso di questi due anni, ma anche numerosi volontari del sociale del territorio. “Punti di non ritorno, proprio come il Progetto Silver – ha detto Antonio Sparaco, responsabile del progetto – che ha tracciato una strada per la nostra e le altre Asp siciliane, oltre che per tutti i soggetti coinvolti nell’opera di accoglienza. Con Silver – ha proseguito – è stato interrato un seme e una nuova pianta è già nata: negli anni a seguire vedremo maturarne i frutti. Un modello che dalla Sicilia si avvia ad essere un riferimento nazionale. Dall’approccio transculturale all intervento in equipe, dalla creazione di una rete interistituzionale e pubblico-privata al ricorso alle nuove tecnologie per semplificare il processo di assistenza
e soprattutto le procedure operative standard che potranno essere di supporto alle attività di accoglienza dei
soggetti più vulnerabili negli anni a venire”. Ad illustrare le numerose attività del progetto, il coordinatore Sergio Celano: “Dai 19 ambulatori per adulti e per minori in Sicilia con equipe multidisciplinari dedicate, alle 10 unità mobili di supporto che si sono spostate nei centri di accoglienza del territorio, dalla formazione transculturale per gli operatori alle borse lavoro, dalla
rete strategica messa a punto alla piattaforma di chiamata a distanza dei mediatori culturali e quella di tracciatura dei beneficiari raggiunti da Silver, dai due lavori di ricerca pubblicati su due riviste scientifiche internazionali in modalità open access, quindi accessibili a tutti i ricercatori del mondo alle procedure operative standard. Un progetto – ha concluso – ambizioso ma ben riuscito”.
Giudizio confermato dalla portavoce del ministero dell’Interno, Maria Rosa Assunta, cha ha definito Silver
un’esperienza di successo, che ha rispettato tutti gli otto grandi obiettivi, superando addirittura gli indicatori
proposti, andando dunque ben oltre le aspettative. E un plauso è venuto anche da Serena Battilomo, del
ministero della Salute, che ha visto nel progetto Fami Silver una best practise di grande valore, un modello
per qualsiasi altro progetto ministeriale. Un modello che si esplicita anche attraverso le procedure operative standard, le Pos, che sono emerse dai tavoli tecnici coordinati, nel corso di questi due anni, da Giuseppina Cassarà e Fulvio Vassallo Paleologo a partire dall’esperienza degli ambulatori Silver e degli altri interlocutori. Si tratta di cinque dettagliati
protocolli di accoglienza, dal momento dello sbarco e identificazione fino alla presa in carico dei soggetti più
vulnerabili: hanno riguardato le vittime di tortura, le vittime di tratta, le vittime di traumatizzazione vicaria,
la violenza di genere e i minori stranieri non accompagnati.

“Il progetto Silver ha illustrato bene la differenza fra ponti e guadi – ha spiegato nella lectio magistralis
Gioacchino Lavanco, direttore del dipartimento di Scienze psicologiche e pedagogiche dell’Università di
Palermo – se il ponte mette in connessione due realtà necessariamente separate e inamovibili, il guado si
sposta continuamente e implica l’immergercisi dentro, il mischiarsi senza la paura di sporcarsi. Silver –
prosegue – ci ha insegnato che non basta accogliere ma serve mettersi nei panni dell’altro, comprenderne il
punto di vista”.
Sono intervenute anche le autorità del territorio, a cominciare dal prefetto di Trapani Darco Pellos, e dal
sindaco Giacomo Tranchida. E di “interazione”, più che di “integrazione”, ha sottolineato il vescovo di
Trapani Pietro Maria Fragnelli: “Spesso pensiamo di dover dare senza considerare che abbiamo anche tanto
da ricevere”. Sulla stessa linea Tana Anglana, senior specialist di Migrazione e sviluppo: “Le migrazioni
vengono considerate spesso come un fenomeno subito mentre va inquadrato in termini di interrelazione:
ogni nostra piccola scelta, anche semplicemente quelle dei nostri consumi, possono contribuire a
determinare dall’altra parte del mondo conflitti, cambiamenti climatici, degrado ambientale, disgregazione
del tessuto sociale e, di conseguenza, migrazioni di massa. Il fenomeno va dunque governato sì ma non
bloccato, anche perché sarebbe impossibile. Se attacchiamo loro – ha concluso – indeboliamo la nostra
Costituzione e, infine, noi stessi, i nostri valori, la nostra stessa civiltà”.
Governare il fenomeno anche per non fare emergere nuove traumatizzazioni, come ha spiegato
Massimiliano Aragona, psichiatra dell’Istituto nazionale per la promozione della salute delle popolazioni
migranti ed il contrasto delle malattie della povertà (Inmp), attraverso alcune semplici prassi: una buona
accoglienza, umana e che dia credito ai loro racconti, centri piccoli con un rapporto equilibrato fra utente e
operatore, possibilmente vicini ai centri abitati per consentire una integrazione sociolavorativa nel territorio,
riconoscimento in tempi brevi dello status, percorsi di empowerment e permessi a lungo termine per il
ricongiungimento familiare.
La buona accoglienza, tuttavia, deve partire dal macro, dal quadro normativo di riferimento. Laura Cantarini,
responsabile dell’area “Persone con bisogni particolari” dell’Unhcr, ha così illustrato la direttiva europea che
lascia liberi gli Stati membri di adottare i mezzi che più ritengono adeguati per raggiungere tuttavia degli
obiettivi comuni per la tutela dei richiedenti asilo: degli “standard imprescindibili e non negoziabili, dei punti
di non ritorno”.

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