Andrea De Stefano: “Cambiare regime fiscale costerebbe al Paese 50 miliardi di euro”

Gaspare De Blasi

Andrea De Stefano: “Cambiare regime fiscale costerebbe al Paese 50 miliardi di euro”

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sabato 12 Maggio 2018 - 06:46

Tra gli argomenti che stanno discutendo i leader di M5S e Lega c’è certamente, in posizione centrale, la questione economica e in modo particolare la parte che riguarda la riduzione delle tasse.

Abbiamo provato a capirne di più girando alcune nostre perplessità, che peraltro ci giungono anche dai nostri lettori, ad un nostro concittadino dottore commercialista ed esperto contabile oltre che revisore dei conti.

Andrea De Stefano, iniziamo la nostra chiacchierata dalla cosiddetta Flat-Tax. Di cosa si tratta?

“E’ un sistema fiscale proporzionale basato su un’aliquota unica fissa e non proporzionale come è adesso. Al momento l’aliquota proposta dai partiti che molto probabilmente formeranno il nuovo Governo, è del 15% per tutti. Il costo della riforma ammonterebbe a circa 50 miliardi di euro”.

Ci sembra di capire che lei la ritenga irrealizzabile.

“E’ un mio parere personale ma confortato anche da quello di moltissimi economisti. Comunque al momento non ci sono le coperture necessarie. Inoltre la Flat- Tax non è solo costosa ma è anche, secondo il mio parere, iniqua in quanto farebbe un grosso regalo ai contribuenti più ricchi che si vedrebbero tagliare la pressione fiscale sui propri redditi mentre i contribuenti che appartengono ai ceti meno ricchi avrebbero una pressione fiscale pressoché uguale a prima ed in alcuni casi maggiore. Pensiamo ad esempio un contribuente che sui propri redditi ha al momento una pressione fiscale media del 40% ed un altro contribuente che ha una pressione fiscale media del 27%. E’ evidente che con l’aliquota unica al 15% il contribuente con la pressione fiscale media del 40% ha un grosso vantaggio in termini di risparmio di imposte rispetto al contribuente che ha una pressione fiscale del 27%. A tutto questo aggiungiamo anche i contribuenti (pensionati al minimo ecc.) che al momento, considerando tutte le detrazioni e deduzioni spettanti, sui propri redditi hanno una pressione fiscale inferiore al 15%, per questi ci sarebbe la beffa di non avere alcun vantaggio dalla Flat-Tax”.

Tra le le possibili riforme si parla anche dell’abolizione della legge Fornero.

“Guardiamo alle conseguenze. Secondo Boeri, presidente dell’INPS ed anche secondo il mio modesto parere, la cancellazione della Legge Fornero è impossibile per due motivi: una sua cancellazione potrebbe arrivare a costare fino a 90 miliardi di euro, “da scontare in termini di aumento del debito pensionistico”. Il secondo motivo riguarda invece il fatto che tale azione si realizzerebbe soprattutto a scapito dei giovani, perché “scaricherebbe sui nostri figli e sui figli dei nostri figli i costi di questo mancato adeguamento”.

Quando si parla di legge Fornero si parla anche di esodati.

La legge Fornero ha riformato il sistema delle pensioni aumentando l’età in cui è possibile ritirarsi dal lavoro, ma al tempo stesso ha provocato un dramma in quei lavoratori, ormai vicini alla pensione, che avevano deciso di lasciare il lavoro con un certo periodo di anticipo e avevano quindi firmato il licenziamento volontario, o si erano trovati coinvolti in accordi di ristrutturazione o crisi aziendale. Questi lavoratori avrebbero usufruito dell’indennità di mobilità nel lasso di tempo che sarebbe intercorso fra l’abbandono del lavoro e l’arrivo dell’età della pensione. Con la legge Fornero si sono trovati in una terra di nessuno: senza pensione, senza stipendio e senza ammortizzatori sociali. Il Governo Renzi è intervenuto più volte in favore di questi lavoratori con il governo successivo si è arrivati fino ad una platea di 31mila lavoratori. Il problema non è stato risolto totalmente e pertanto ritengo sia necessario un ulteriore intervento sulla legge Fornero per risolvere definitivamente questo problema”.

Tra le scadenze che rendono urgente la formazione del nuovo governo c’è il paventato aumento dell’Iva. Perché può essere sollevata ulteriormente la soglia?

“L’Italia ha delle scadenze con l’Europa da rispettare. Per il nostro Paese è impossibile rimandare ulteriormente. Tutto risale al 2011 quando l’Italia, allora governata dall’ultimo Gabinetto Berlusconi, si impegnò con l’Europa stilando le cosiddette clausole di salvaguardia, mettendo in preventivo l’aumento dell’Iva fino al 2020. I governi successivi, proprio per scongiurare tali aumenti, ogni anno hanno trovato sempre la “quadra” per tagliare la spesa scongiurando l’innalzamento dell’aliquota. Stavolta però, lo stallo politico rischia di mandare tutto all’aria.Il nostro Paese è a un bivio. Auspico la nascita del nuovo Governo affinché, vengano trovate le risorse necessarie per convincere L’Europa e scongiurare tale aumento”.

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