L’altra sera casualmente ho incontrato un vecchio conoscente con cui qualche anno fa avevo condiviso un’esperienza di lavoro. L’incontro è durato pochissimo, nelle convenzioni di due amici che si incontrano in un luogo pubblico e non possono fare a meno di salutarsi. Saluti e affettuose frasi di circostanza del tipo invecchiamo con dignità. Ho riflettuto poi sulla brevità di quest’incontro ragionando sul fatto che era stato piacevole perché in qualche modo senza grandi sforzi di memoria e in pochi istanti ci eravamo proiettati nel passato. Una sorta di porta che in certi momenti la vita ci pone davanti per farci compiere dei viaggi che vanno oltre la dimensione del conosciuto e del reale. Speciali porte accompagnano la narrazione di questo bel romanzo intitolato Exit West dello scrittore anglo pakistano Mohsin Hamid e pubblicato di recente dalla casa editrice Einaudi. Non è un romanzo di fantascienza ma di sicuro il futuro c’entra, un futuro che è la proiezione degli eventi che più ci angosciano negli ultimi anni: le migrazioni, le guerre e il terrorismo internazionale. È la storia di due anime pure, un uomo e una donna giovani che si conoscono in una città che senza tanti giri di parole fa pensare agli scenari di guerra dell’attuale Siria. È anche una bella storia tra due, Nadia e Saed, che nonostante gli orrori della guerra, del clima di fame e segregazione della loro città timidamente si avvicinano, si amano per poi separarsi. Ma nel bel mezzo della narrazione lo scrittore ci sorprende con un’artificio narrativo di natura distopica che apre l’atmosfera claustrofobica della parte iniziale del romanzo. Esistono delle porte, prima nella loro città, poi in ogni parte del mondo che ti permettono di raggiungere un luogo diverso dal posto in cui hai sempre vissuto. Esiste anche un mondo in cui la gente usa sempre più queste porte per raggiungere altre mete, un mondo di migranti che invade soprattutto le città occidentali che ormai assomigliano anche loro a territori di conflitto, militare, sociale ed economico. Per queste motivazioni la pubblicazione di questo romanzo del giovane scrittore londinese già a pochi giorni dalla sua uscita nelle librerie ha riscosso parecchio successo di critica in Inghilterra sua attuale patria di adozione e negli Stati Uniti d’America dove lo scrittore ha studiato. Non è difficile pensare a 1984 di George Orwell o ai romanzi del giapponese Haruki Murakami come modelli che abbiano potuto ispirare Moshin Hamid. Il romanzo non è lungo e per certi versi sembra nella parte finale irrisolto, tuttavia in alcuni tratti è davvero piacevole perché nonostante la drammaticità di un futuro che incombe su di noi l’ingenuità dell’animo dei protagonisti ci fa ben sperare sulle nostre sorti.
A proposito non so dirvi se sto per davvero invecchiando, se invecchio con dignità ma quando leggo, specialmente un romanzo, ho la piacevole sensazione di essere senza tempo anzi che il tempo duri in eterno.
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