Le difficoltà economiche degli enti locali, negli ultimi tempi hanno portato a nuove forme di finanziamento di progetti o opere. Anche pubbliche. In particolare sono sempre maggiori le grandi aziende che finanziano iniziative, progetti di restauro di beni culturali ed opere pubbliche in generale. Pare che sia la nuova tendenza e a dirla tutta, non dispiace affatto. Sdoganando i canoni della pubblicità vera e propria, che oggi con la crisi economica male di certo non fa, è un modo anche virtuoso per investire denaro e per segnare, lo ribadisco in questa sede, che la legalità conviene perché è segno di un’economia sana e di un sistema più trasparente.
Proprio ieri è arrivata la notizia che la Casa di Moda Gucci, finanzierà le Gallerie degli Uffizi ed il Giardino di Boboli di Firenze. L’azienda italiana che esporta i suoi capi in tutto il mondo, spenderà due milioni di euro per il restauro e la valorizzazione del patrimonio botanico; il prossimo anno la sfilata Gucci Cruise si terrà, come annunciato dal Presidente Marco Bizzarri, nella Galleria Palatina di Palazzo Pitti, sala mai utilizzata finora per una manifestazione “mondana”. Ma tra gli altri, vanno ricordati i lavori al Colosseo finanziati dal gruppo italiano Tod’s di Della Valle per 24 milioni di euro; la Piramide Cestia, restaurata dall’azienda giapponese Tsusho Ltd che esporta nell’Estremo Oriente abiti italiani; i lavori alla Fontana di Trevi che hanno visto i due milioni di euro donati dalla Casa di Moda Fendi. In cambio le aziende godranno di tanta pubblicità connessa, in questi casi, all’opera finanziata nonché conosciuta in tutto il mondo e meta turistica.
Certo, magari dal Colosseo non scenderà mai un grosso manifesto con scritto “Il Gladiatore Tod’s” ma nelle copertine di tutto il mondo, nei banner pubblicitari, negli spot e video-proiezioni potrebbero usare l’immagine dell’opera che hanno finanziato, un mix di cultura e operazione di marketing al di fuori della mercificazione dei corpi sui cartelloni delle Città. Peraltro l’articolo 20 del Codice degli Appalti prevede espressamente che la legge suddetta “… non si applica al caso in cui un’amministrazione pubblica stipuli una convenzione con la quale un soggetto pubblico o privato si impegni alla realizzazione, a sua totale cura e spesa e previo ottenimento di tutte le necessarie autorizzazioni, di un’opera pubblica…”. Ovviamente l’Amministrazione prima della stipula della convenzione, valuta che il progetto di fattibilità delle opere da eseguire, i tempi e gli schemi dei contratti siano rispondenti alla realizzazione delle opere. Anche in Sicilia c’è un piccolo trend positivo, ma ancora troppo esiguo.