“Le bellissime rughe” di Marco Corrao, scavano solchi folk contaminati, dove Django Reinhardt è vicino alla terra di Sicilia… fatta di ricordi, di uomini e donne che rappresentano quello che siamo oggi, di veleni, di tavole imbandite le “Domeniche del villaggio”. Sabato sera il Baluardo Velasco ha potuto vivere il live concert del cantautore siciliano Marco Corrao, accompagnato alla chitarra da Gabriele Giambertone e alla batteria da Michele Virga. Dal vivo Corrao, è ancora più godibile che su disco, il suo “Storto”, storto come tutti noi, è un album già maturo.
E sul palco del Velasco, per la rassegna Baluarte, sono chitarre folk, velate di manouche, spesso possenti, calde, che strizzano l’occhio alla batteria di Virga creando così un clima in cui i musicisti mettono il pubblico a proprio agio. Si inizia quasi in sordina per poi approdare a “Ballerina di lap”, con un testo alla Bandabardò… poi ricchi arpeggi tra “un bicchiere di vino” che si materializza poi, a fine serata. E sono assoli, uomini sottomessi alle donne come in “Scimmio” e qualcuno direbbe “magari”. La batteria prende per mano il brano, scandisce il tempo, mentre la voce di Corrao, che un po’ fa ricordare De Gregori, si fa sporca e piace. Poi il “nostro” ci fa conoscere “Marta”, “Marta che si è persa…”, con chitarre ipnotiche, irish, con un’aurea etera donata dalle spazzole, ma anche Beppe Alfano, giornalista ucciso dalla mafia. Qui le sonorità si fanno più cupe, malinconiche. Marco usa spesso i testi in siciliano che hanno una loro forza: “Siti amici sulu quannu vuliti… cu dri spaddri lordi di piccati e morti”… la seconda parte del concerto esplode di assoli blues, con la 6 corde massiccia. Il blues ed il siciliano non fanno altro che creare un mix indubbiamente vincente e trascinante.
Ed è qui che scatta l’assolo di batteria come ciliegina sulla torta. Con i ricordi di Calogero disperso sulla nave “Andrea Doria” parte un bluesettino sospettoso ma tagliente, un velo noise sul fondo… come i rumori del profondo mare… infine Corrao, lascia il pubblico marsalese con una ninna nanna sicula morbida e flebile: “Bonanotti figghia mia cala u suli e porta via sti culura ri stu mari, ca nun vonnu chiu turnari”, con una versione siciliana di “A pittima” di Fabrizio De Andrè e con un finale improvvisato: sul palco sale anche l’armonicista Ezio Lotteri per dare vita ad un pezzo di Jimmy Reed ed è blues (in Sol) puro…