Impresa, ortofrutta e droga: gli affari della mafia trapanese nella relazione semestrale della Dia

redazione

Impresa, ortofrutta e droga: gli affari della mafia trapanese nella relazione semestrale della Dia

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mercoledì 01 Febbraio 2017 - 12:02

La Direzione Investigativa Antimafia ha approvato la consueta relazione semestrale che tra conferme e aggiornamenti restituisce un quadro d’insieme riguardo la presenza della criminalità sul territorio nazionale. La relazione, pubblicate in questi giorni, ha come periodo di riferimento il primo semestre del 2016 e si sofferma in maniera specifica sulle situazioni dei diversi territori.

Per quanto riguarda la provincia di Trapani, prosegue la caccia al boss Matteo Messina Denaro: finora il latitante castelvetranese non è stato ancora trovato dalle forze dell’ordine, tuttavia le operazioni condotte hanno consentito di continuare a incidere su complici e fiancheggiatori, intervenendo – in particolare – su alcune attività imprenditoriali. Tra i settori sotto osservazione, l’edilizia e il mercato ortofrutticolo. Ma nella relazione si fa riferimento anche al traffico di stupefacenti con un passaggio finale riservato all’omicidio del maresciallo Silvio Mirarchi, deceduto lo scorso 1 giugno a Marsala in seguito a una sparatoria avvenuta nei pressi di una serra dedicata alla coltivazione della canapa.

A seguire il testo integrale della relazione, per quanto concerne la provincia di Trapani

Nella provincia di Trapani Cosa Nostra mantiene inalterato il modello organizzativo tradizionale di tipo verticistico, con un controllo capillare del territorio ed una forte coesione, data anche dal permanere della leadership del latitante di Castelvetrano. Attorno a quest’ultimo, gli affiliati – gran parte dei quali in età matura e provenienti dal mondo agro-pastorale – avrebbero maturato un forte senso di appartenenza, sostenuto anche da legami con ambienti della società civile, della borghesia, dell’imprenditoria e della politica locale. I rapporti tra articolazioni criminali mafiose appaiono tuttora connotati da uno stato di pacificazione e di cooperazione: famiglie e mandamenti sembrano preferire, anche in questo caso, una minore esposizione, mantenendo un basso profilo.

La ripartizione convenzionale, tra famiglie, delle aree di influenza di cosa nostra nella provincia di Trapani risulta inalterata rispetto al precedente semestre, come si evince nella cartina di seguito riportata: Grazie alla capacità di intessere “relazioni esterne”, l’associazione riesce ad esprimere un’elevata capacità di mimetizzazione, perseverando nell’opera di inquinamento dell’economia locale.

Prosegue senza soluzione di continuità l’attività di contrasto condotta dalla D.I.A. e dalle Forze di polizia – coordinate dalla competente D.D.A. – da tempo impegnate in indagini, anche patrimoniali, finalizzate tra l’altro a fare luce sulla cerchia di interessi e coperture che ruotano attorno al latitante di Castelvetrano. Significativo dell’azione svolta a salvaguardia dell’economia legale trapanese, il sequestro eseguito nel mese di maggio dalla locale Sezione Operativa della D.I.A., a Trapani e a Milano, del patrimonio immobiliare, societario e finanziario di un imprenditore, indiziato mafioso, per un valore di oltre 5 milioni di euro. L’imprenditore aveva posto in essere, con la complicità di alcuni compiacenti professionisti, un’articolata sequenza di operazioni finanziarie, immobiliari e societarie volte ad eludere la normativa in materia di misure di prevenzione patrimoniali.

Il successivo mese di giugno, la richiamata Sezione Operativa ha eseguito un ulteriore sequestro di beni nei confronti di due imprenditori, padre e figlio – il primo indiziato di appartenere a cosa nostra – che avevano fornito supporto economico a membri della famiglia mafiosa di Mazara del Vallo. I complessi accertamenti hanno consentito, in particolare, di attestare il ruolo svolto dal predetto imprenditore nel mantenimento dei sodali in carcere, nell’esercizio del credito abusivo e della conseguente attività usuraria, oltre che nel reinvestimento di capitali mediante l’intestazione fittizia di beni, talvolta acquisiti da prestanome con procedure con procedure concorsuali. L’uomo è risultato, in sostanza, il deus ex machina di alcune società e imprese formalmente riconducibili a terzi compiacenti e della ditta individuale operante nel settore edile ed intestata al figlio.

Proprio il settore edile emerge tra quelli di principale interesse dei clan, come confermato dagli esiti dell’operazione “Cemento del golfo”, che ha fatto luce sulle modalità di infiltrazione nel sistema dei sub appalti, delle forniture della produzione e distribuzione degli inerti nel ramo dell’edilizia pubblica e privata. Tra i destinatari delle ordinanze figura anche un imprenditore, il quale, sfruttando la sua adesione strumentale ad un’associazione antiracket di Alcamo, avrebbe agevolato le attività illecite di un altro imprenditore edile, reggente della cosca locale.

Da segnalare, ancora, la confisca eseguita dalla D.I.A. di Trapani nel mese di aprile, dei beni di un soggetto facente parte di cosa nostra, nonché collegato con le organizzazioni criminali dei Casalesi e della ‘ndrangheta, che si era avvalso di tali collegamenti per potenziare ed incrementare la sua attività di intermediazione nel commercio di prodotti ortofrutticoli.

Nella provincia, continuano a registrarsi con una certa frequenza i reati connessi alle sostanze stupefacenti, in relazione soprattutto alla produzione. Nel semestre è stata, infatti, constatata l’ulteriore diffusione di coltivazioni di cannabis indica, specie nell’area di Marsala, dove un Maresciallo dell’Arma dei Carabinieri impegnato in un servizio di appostamento nei pressi di una serra adibita alla coltivazione di cannabis, è stato ucciso da uno dei guardiani della piantagione. Allo stesso modo, resta diffusa l’attività estorsiva, che consente un facile approvvigionamento di liquidità ed una capillare forma di controllo del territorio.

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