Un anno senza Giulio Regeni

Vincenzo Figlioli

Marsala

Un anno senza Giulio Regeni

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mercoledì 25 Gennaio 2017 - 06:30

Un figlio, un fratello, un amico. Giorno dopo giorno, dal 25 gennaio del 2016, Giulio Regeni è diventato un pezzo di famiglia per tanti italiani. Succede raramente, ma di fronte a vicende particolarmente drammatiche, in cui il nostro senso di giustizia viene stravolto come nel peggiore dei film dell’orrore, ci sono donne o uomini che finiamo per sentire vicini esattamente come se li avessimo conosciuti.

Un anno come oggi, alle 19.41, Giulio Regeni usciva per l’ultima volta dalla casa in cui viveva al Cairo, dove si trovava per svolgere una ricerca sul sindacalismo autonomo egiziano per conto dell’Università di Cambridge. Fino ad allora non sapevamo nulla di lui, almeno qui al Sud. Purtroppo, non abbiamo imparato a conoscerlo per i suoi studi o le sue pubblicazioni, ma per il racconto delle atrocità compiute dai militari egiziani sul suo corpo agonizzante, martoriato con crudeltà dalla testa alle dita dei piedi. In queste ore lo abbiamo anche visto nell’ultimo video che lo ritrae mentre parla con il sindacalista egiziano che verosimilmente lo consegnò ai suoi aguzzini. E molti di noi si sono anche ritrovati a immaginare di essere lì, per le vie del Cairo, nel disperato tentativo di cambiare il corso degli eventi e di convincerlo a scappare quanto più lontano possibile.

Col senno di poi, naturalmente, non si cambia la storia. Ma quantomeno la si può scrivere, restituendo verità e giustizia ai familiari di Giulio Regeni, come chiede Amnesty International nel suo appello che è stato sottoscritto e condiviso da cittadini, associazioni, scuole, testate giornalistiche (lo abbiamo fatto anche noi) e amministrazioni comunali.

In provincia solo pochi Comuni finora hanno mostrato interesse per questa vicenda: Trapani, Paceco, Erice, Castelvetrano, Valderice. Come abbiamo già scritto in passato, ci piacerebbe che in tutte le nostre città venisse esposto lo striscione di Amnesty in cui si chiede “Verità per Giulio Regeni”. I cinici penseranno che iniziative del genere non portano voti o vantaggi. Noi che cinici non siamo (altrimenti, parafrasando Kapuscinsky, faremmo un altro mestiere) riteniamo invece che questo territorio che ha visto cadere sotto i colpi della mafia magistrati, giornalisti, sindacalisti, poliziotti, carabinieri e giovani madri (come Barbara Rizzo Asta e i suoi due figli), consumarsi vergognosi depistaggi e che ogni giorno vede sbarcare sulle proprie coste uomini, donne e bambini in fuga da assassini e torturatori molto simili a quelli che hanno ucciso Giulio Regeni, abbia il dovere morale – attraverso le sue istituzioni – di dare una concreta dimostrazione di sensibilità rispetto a questa vicenda. Non servirà a cambiare il corso della storia, ma la memoria del giovane ricercatore friulano merita almeno questo contributo nella ricerca della verità.

(Nella foto, il padre, la sorella e la madre di Giulio Regeni)

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